Anche il soggetto nato dopo la morte del padre naturale, per fatto illecito addebitabile a terzo, ha diritto al risarcimento danno patrimoniale e non patrimoniale. Questo è quanto afferma la sentenza n. 9700 del 3 maggio 2011 depositata dalla terza sezione civile. La vicenda, nasce come conseguenza della negazione, da parte del Tribunale di Bergamo, del risarcimento del danno in favore della figlia di un uomo deceduto in seguito ad un incidente stradale, addebitabile a terzo. E’ stato riconosciuto il risarcimento  del danno alla moglie e alla sorella del defunto, ma lo stesso veniva negato alla figlia, non ancora nata all’epoca dei fatti, sulla base dell’assunto che non potesse essere titolare di alcun diritto al risarcimento in quanto priva della capacità giuridica alla data dell’evento dannoso. La madre della minore propose ricorso ma la decisione venne confermata anche dalla Corte d’Appello di Brescia, la quale motivò il proprio provvedimento affermando che la duplice circostanza dell’inesistenza al momento del sinistro del soggetto danneggiato e della mancanza di una norma specifica che attribuisca tale diritto, costituisce un ostacolo insormontabile. La Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione ha invece cassato con rinvio la sentenza, ritenendo che non si ponesse alcun problema relativo alla soggettività giuridica del concepito, non essendo necessario configuararla per affermare il diritto del nato al risarcimento e non potendo, d’altro canto, quella soggettività evincersi dal fatto che il feto è fatto oggetto di protezione da parte dell’ordinamento. “Il diritto di credito – ha continuato la Corte – è infatti vantato dalla figlia in quanto nata orfana dal padre, come tale destinata a vivere senza la figura paterna. La circostanza per fatto imputabile a responsabilità di un terzo significa solo che condotta ed evento materiale costituenti l’illecito si erano già verificati prima che ella nascesse, non anche che prima di nascere potesse avere acquistato il diritto di credito al risarcimento. Il quale presuppone la lesione di un diritto (o di un’altra posizione giuridica soggettiva tutelata dall’ordinamento), che nel caso in scrutinio è da identificarsi con il diritto al godimento del rapporto parentale (…) certamente non configurabile prima della nascita. Così come solo successivamente alla nascita si verificano le conseguenze pregiudizievoli che dalla lesione del diritto derivano”. Secondo i giudici di legittimità, con la nascita della figlia, si è verificata la propagazione intersoggettiva dell’effetto dell’illecito per la lesione del diritto della figlia (non del feto) al rapporto col padre. Nello stesso momento è sorto il suo diritto di credito al risarcimento, del quale è dunque diventato titolare un soggetto fornito della capacità giuridica per essere nato. Non è messo in discussione il nesso di causalità fra illecito e danno, inteso come insieme di conseguenze pregiudizievoli derivate dall’evento (morte del padre), sicché non può disconoscersi il diritto al risarcimento della figlia. La Corte di Cassazione ha quindi concluso aggiungendo che “la relazione col proprio padre naturale integra, invero, un rapporto affettivo ed educativo che la legge protegge perché è di norma fattore di più equilibrata formazione della personalità. Il figlio cui sia impedito di svilupparsi in questo rapporto ne può riportare un pregiudizio che costituisce un danno ingiusto indipendentemente dalla circostanza che egli fosse già nato al momento della morte del padre o che, essendo solo concepito, sia nato successivamente”.