In tema di morte a seguito di lesioni derivanti da incidente stradale, se la vittima , finita in coma subito dopo l’incidente, non ha più ripreso coscienza e/o conoscenza, non è configurabile in capo alla stessa alcun danno morale in quanto quest’ultima non ha percepito, o meglio non ha avuto coscienza, di alcuna sofferenza psico-fisica. Pertanto non risulta trasmissibile, in via derivata, agli stretti congiunti il diritto al risarcimento del danno morale.
(Cass. Civ. , sez. III, 22 febbraio 2012, n. 2564)
Secondo un prevalente orientamento giurisprudenziale il danno morale si concretizzerebbe nella sola ipotesi che si possa provare la sofferenza psichica sofferta dalla vittima prima della morte ; affinchè cioè si possa procedere alla liquidazione del danno morale (in favore degli eredi superstiti) è necessario che la vittima stessa resti lucida durante l’agonia e quindi in grado di percepire la sofferenza patita.
Non si verifica pertanto alcuna trasmissibilità iure successionis agli eredi del danno non essendosi questo effettivamente configuratosi in capo alla vittima che non è stata in grado di percepire alcuna sofferenza psico-fisica per l’avvicinarsi dell’evento morte.
Il ragionamento non sembra del tutto convincente e condivisibile se solo si tiene presente che non è certamente scontato (e alcuni studi lo confermerebbero) che anche in uno stato comatoso il danneggiato non abbia la capacità di percepire o di avere coscienza del proprio staus.
Va peraltro segnalato che esiste un orientamento giurisprudenziale (minoritario) secondo il quale il danno morale contemplerebbe anche le sofferenze fisiche e psichiche sopportate dall’infortunato in stato di incoscienza ed andrebbe comunque liquidato ai superstiti indipendente dallo stato soggettivo del primo.