Con la recentissima ordinanza n. 37059 del 19 dicembre 2022, la Cassazione precisa che, dedotta la responsabilità del custode per la caduta di un pedone in corrispondenza di una irregolarità o buca stradale, l’accertamento della responsabilità debba essere condotto ai sensi dell’art. 2051 c.c. ed, in particolare, non risulta predicabile la ricorrenza del caso fortuito (che esime il custode da responsabilità) a fronte del mero accertamento di una condotta colposa della vittima (la quale potrà invece assumere rilevanza, ai fini della riduzione o dell’esclusione del risarcimento, ai sensi dell’art. 1227, I o II comma, c.c.).

Per l’integrazione del fortuito, infatti, occorre che la detta condotta del danneggiato presenti anche caratteri di imprevedibilità ed eccezionalità tali da interrompere il nesso causale tra la cosa in custodia e il danno, così da degradare la condizione della cosa al rango di mera occasione dell’evento di danno.

La Cassazione si è trovata a cassare con rinvio la sentenza di secondo grado impugnata dalla danneggiata, signora che nel 2011, scendendo dal marciapiede posto in corrispondenza del civico 14 di un condominio, era inciampata in una buca posta a ridosso del cordolo, cadendo a terra e così procurandosi lesioni.

Infatti, mentre in primo grado la danneggiata aveva ottenuto il risarcimento dei danni, la Corte d’Appello di Milano, con la sentenza n. 2922/2018, depositata il 12/06/2018, aveva riformato quanto statuito dal Tribunale meneghino, rigettando la domanda dell’attrice e condannandola al pagamento delle spese di lite e alla restituzione di quanto riscosso in forza della sentenza di primo grado.

In sintesi, la Suprema Corte, in accoglimento del ricorso proposto dalla danneggiata, ha affermato che:

  • la responsabilità ex art. 2051 c.c. è pacifico abbia natura oggettiva, discendendo dall’accertamento del rapporto causale fra la cosa in custodia e il danno, salva la possibilità per il custode di fornire la prova liberatoria del caso fortuito, ossia di un elemento esterno che valga ad elidere il nesso causale e che può essere costituito da un fatto naturale e dal fatto di un terzo o della stessa vittima (cfr., da ultimo, Cass. S.U. n. 20943/2022). Tutto si gioca dunque sul piano di un accertamento di tipo causale (della derivazione del danno dalla cosa e dell’eventuale interruzione di tale nesso per effetto del fortuito), senza che rilevino altri elementi, quali il fatto che la cosa avesse o meno natura “insidiosa” o la circostanza che l’insidia fosse o meno percepibile ed evitabile da parte del danneggiato (trattandosi di elementi presupposto di una diversa costruzione della responsabilità, condotta alla luce del paradigma dell’art. 2043 c.c.);
  • al cospetto dell’art. 2051 c.c., la condotta del danneggiato può rilevare unicamente nella misura in cui valga ad integrare il caso fortuito, ossia presenti caratteri tali da sovrapporsi al modo di essere della cosa e da porsi essa stessa all’origine del danno; al riguardo, deve pertanto ritenersi che, ove il danno consegua alla interazione fra il modo di essere della cosa in custodia e l’agire umano, non basti a escludere il nesso causale fra la cosa e il danno la condotta colposa del danneggiato, richiedendosi anche che la stessa si connoti per oggettive caratteristiche di imprevedibilità ed imprevenibilità che valgano a determinare una cesura rispetto alla serie causale riconducibile alla cosa (degradandola al rango di mera occasione dell’evento di danno).

Cioè a dire che: quando il custode eccepisce la colpa della vittima, ciò comporta esclusione di responsabilità in capo al custode stesso soltanto se, all’esito del duplice accertamento sotto specificato, risulti che:

  1. la vittima abbia tenuto una condotta negligente;
  2. quella condotta non fosse prevedibile.

Ora, la condotta della vittima d’un danno da cosa in custodia può dirsi imprevedibile quando sia stata eccezionale, inconsueta, mai avvenuta prima, inattesa da una persona sensata.

Stabilire se una certa condotta della vittima d’un danno arrecato da cose affidate alla custodia altrui fosse prevedibile o imprevedibile è un giudizio di fatto, come tale riservato al giudice di merito: ma il giudice di merito non può astenersi dal compierlo, limitandosi a prendere in esame soltanto la natura colposa della condotta della vittima».

Nel caso specifico della caduta del pedone in corrispondenza di una buca stradale, non può evidentemente sostenersi che la stessa sia imprevedibile (rientrando nel notorio che la sconnessione possa determinare la caduta del passante) e imprevenibile (sussistendo, di norma, la possibilità di rimuovere il dislivello o, almeno, di segnalarlo adeguatamente).

Di conseguenza occorre rilevare come il mero rilievo di una condotta colposa del danneggiato non sia idoneo a interrompere il nesso causale, che è manifestamente insito nel fatto stesso che la caduta sia originata dalla (prevedibile e prevenibile) interazione fra la condizione pericolosa della cosa e l’agire umano.

Ciò non significa, peraltro, che tale condotta – seppur non integrante il fortuito – non possa assumere rilevanza ai fini della liquidazione del danno cagionato dalla cosa in custodia, ma questo non può avvenire all’interno del paradigma dell’art. 2051 c.c., bensì ai sensi dell’art. 1227 c.c. (operante, ex art. 2056 c.c., anche in ambito di responsabilità extracontrattuale), ossia sotto il diverso profilo dell’accertamento del concorso colposo del danneggiato, valutabile sia nel senso di una possibile riduzione del risarcimento, secondo la gravità della colpa del danneggiato e le conseguenze che ne sono derivate (ex art. 1227, comma I, c.c.), sia nel senso della negazione del risarcimento per i danni che l’attore avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza (ex art. 1227, comma II, c.c.), fatta salva, nel secondo caso, la necessità di un’espressa eccezione della controparte.

Precedenti conformi: Cass. S.U. n. 20943/2022, Cass. n. 25837/2017, Cass. n. 26524/2020, Cass. n. 4035/2021.