La sentenza in oggetto tiene conto della giurisprudenza di legittimità, secondo cui, in tema di circolazione stradale, il giudice, se pronuncia condanna per una pluralità di violazioni del codice della strada che comportano l’applicazione della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente, deve determinarne la durata complessiva effettuando la somma dei vari periodi di sospensione previsti per ciascun illecito, dovendosi escludere l’applicabilità sia della L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 8, che riguarda esclusivamente le sanzioni amministrative proprie e non quelle accessorie ad una sentenza penale di condanna, sia delle discipline tipicamente penalistiche finalizzate a limitare l’irrogazione di pene eccessive, come nel caso dell’art. 81 c.p. (Sez. 4, n. 6912 del 12/02/2021, Castelli Pietro, Rv. 280544 – 01).

Difatti, ai sensi dell’art. 186 C.d.S., comma 2, lett. b, all’accertamento del reato consegue in ogni caso la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida da sei mesi ad un anno; ai sensi dell’art. 187 C.d.S., comma 1, all’accertamento del reato consegue in ogni caso la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida da uno a due anni o, se, come nel caso di specie espressamente accertato, il veicolo appartiene a persona estranea al reato, da due a quattro anni, in virtù del previsto raddoppio.

In conclusione, secondo quanto affermato dalla Corte di Cassazione, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio, ai sensi dell’art. 620 c.p.p., lett. l, potendo la Corte adottare i provvedimenti necessari e, cioè, quantificare, secondo la valutazione già espressa dal giudice di merito, la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida nel minimo legale di anni 2 e mesi 6, alla luce della corretta applicazione dell’art. 186 C.d.S., comma 2, lett. b e art. 187 C.d.S., comma 1.