La Corte di Cassazione con sentenza n. 39039 del 28 agosto 2018 ha fatto il punto sul “sexing” confermando la condanna a tre anni di reclusione e 18.000,00 euro di multa, per il reato di pedopornografia minorile per il ragazzo minore che aveva indotto la fidanzata a sua volta minorenne a farsi fare scatti erotici.
Il ragazzo aveva convinto la fidanzata quattordicenne a scattarsi fotografie che la raffigurassero nuda o in atteggiamenti erotici e a farsele inviare sul cellulare intestato alla madre e a lui in uso.
Dal processo era emerso anche che in più occasione il giovane aveva avuto nei confronti della ragazzina atteggiamenti violenti, e che dunque quest’ultima avrebbe ceduto al sexting anche a causa di questo e del possibile ricatto.
La difesa dell’imputato aveva sostenuto che non vi sarebbe stata alcuna forzatura in quanto gli scatti erano autoprodotti dalla ragazza.
Nonostante questo argomento della difesa la Suprema Corte ha dichiarato il ricorso per Cassazione inammissibile in quanto la volontà dell’offesa sarebbe stata coartata dalle continue vessazioni del giovane. Da considerarsi è anche il fatto che il ragazzo aveva subito inoltrato gli scatti ad un amico su facebook, concretizzando il pericolo che la condotta risultasse idonea a “soddisfare il mercato della pedofilia”.
La succitata sentenza sottolinea altresì che la distinzione tra autodeterminazione e costrizione è generalmente di difficile accertamento, e spesso lo sfruttamento del minore risulta difficile da provare.
Importante è la valutazione dello stato di “soggezione psicologica” in cui vera la vittima quando decide di scattarsi o farsi scattare fotografie erotiche. Anche nell’ipotesi in cui il minore acconsenta a farsi scattare delle fotografie di tale genere, non è automaticamente esclusa la manipolazione dello stesso, indipendentemente dalla richiesta di danaro, bastando per la configurazione del reato un suo stato di particolare fragilità.