La Costituzione ritiene che il domicilio è inviolabile, dunque, una sua compressione mediante la perquisizione deve essere supportata da elementi indiziari concreti circa la sussistenza di un illecito.

Il dicta è stato precisato di recente dai giudici della Suprema Corte con la sentenza 48552/2009, evidenziando inoltre, che la perquisizione eseguita al di fuori dei sopra menzionati presupposti non solo è illegittima, ma obiettivamente arbitraria, sconfinando, perciò, nella indebita incisione della libertà domiciliare tutelata dalla nostra Carta Costituzion ale.

Alla luce di quanto sopra gli Agenti intervenuti non possono procedere d ’iniziativa alla perquisizione finalizzata alla ricerca di armi e munizioni, droga o altro, sulla base di un semplice sospetto, ma esclusivamente in presenza di un dato oggettivo certo.

Pertanto, una resistenza del cittadino al compimento dell’atto di perquisizione non potrà definirsi “resistenza a pubblico ufficiale”: il suo comportamento non è, quindi, perseguibile dalla legge.

I giudici hanno, inoltre, spiegato che “va evidenziato che la previsione costituzionale, nell’introdurre la riserva di legge per derogare alla regola inviolabilità del domicilio, in stretto collegamento con la libertà personale, impone all’interprete un’interpretazione rigorosa delle norma de qua, da cui sia bandita qualsiasi libera iniziativa e valutazione discrezionale degli organi di polizia giudiziaria e negata la possibilità che la perquisizione possa essere effettuata sulla base di meri sospetti (che possono trarre origine anche da un semplice personale convincimento), essendo sempre necessaria l’esistenza di un dato oggettivo che costituisca “notizia, anche per indizio”, il quale, per sua natura, deve ricollegarsi ad un fatto obbiettivamente certo o a più fatti certi e concordanti tra loro”.