Per i non esperti in materia è forse bene spiegare in che cosa consista il cosiddetto impedimento a comparire dell’accusato e in quale misura la nuova legge sia destinata a incidere sull’istituto. L’impedimento legittimo esiste infatti da sempre e mira a risolvere le situazioni in cui l’imputato vuole essere presente in udienza per esplicare le proprie attività difensivi ed i suoi diritti costituzionalmente tutelati come rispondere alle domande del giudice oppure porne egli stesso ad altri accusati o testimoni o parti del processo, ma è impossibilitato a presenziare per malattia ovvero per altre ragioni. Il giudice può rinviare se ritiene che l’impedimento sia sussistente e, in tal caso, si tratta di una valutazione libera e soprattutto insindacabile. Con la l egge votata dalla Camera, solo con riguardo ai membri del governo e soprattutto del premier, il giudice è invece obbligato a rinviare senza potere disporre alcuna indagine circa l’effettività e la gravità del denunciato impedimento. Sarà però necessario una formale certificazione dell’impegno da parte della presidenza del Consiglio, impegno che per i ministri deve essere indicato come collegato ed imprescindibile dall’attività di governo. In sostanza è lo stesso imputato che dichiara l’impedimento a certificarne l’effettività e gravità. Appare evidente che una simile disposizione può facilmente prestare il fianco ad una srie di obiezioni critiche di stampo costituzionale difficilmente superabili ad un vaglio di legittimità sia perché sottrae al giudice uno strumento di controllo indispensabile per un’ordinata amministrazione della giustizia penale e poi per l’incontestabile disparità di trattamento tra i ministri (fortemente privilegiati dalla nuova disposizione) e tutti gli altri cittadini imputati. Il problema ora si sposta al momento in cui al momento opportuno e tramite un’eccezione ad hoc la norma verrà sottoposta all’esame della Corte Costituzionale.