La Corte di Cassazione ha sancito che chi espone il contrassegno invalidi intestato a un’altra persone, nella fattispecie de quo, un parente, non commette reato. Infatti, la sentenza n. 45328, depositata il 6 dicembre 2011, emessa a seguito d’impugnativa di una decisione del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Firenze, che, in relazione all’indebito utilizzo di un permesso invalidi, dichiarava il non luogo a procedere delle imputate in ordine ai reati sostituzione di persona (art. 494 c.p.) e truffa (art. 640 c.p.) perché i fatti non sussistono. La Suprema Corte, dopo aver richiamato i due orientamenti giurisprudenziale contrapposti, (aderendo all’impostazione che emerge nella sentenza della stessa Corte, Sez. 2, Sentenza n. 35004 in data 8.6.2010 dep. 28.9.2010), evidenziava che non può ritenersi perfezionato il reato di sostituzione di persona la condotta di colui che esponga sul cruscotto dell’auto un contrassegno per invalidi rilasciato ad un parente, poiché la sola esposizione del contrassegno invalidi sull’auto, in mancanza di altri più rilevanti comportamenti, non può integrare la condotta positiva suscettiva di trarre in inganno necessaria per ravvisare gli estremi del delitto di cui all’articolo 494 Cp. Gli Ermellini hanno, dunque, concluso escludendo l’integrazione dei reati contestati e precisando che il comportamento dei soggetti è riconducibile ad un mero illecito amministrativo. Precisamente si fa riferimento alle fattispecie di cui al quarto e quinto comma dell’art. 188 c.d.s., dove sono contemplate le ipotesi di abuso delle strutture stradali riservate agli invalidi, dalla loro utilizzazione in assenza di autorizzazione, o fuori delle condizioni e dei limiti dell’autorizzazione, all’uso improprio dell’autorizzazione.