Risponde per il reato di stalking il datore di lavoro o comunque il superiore che con una serie di atteggiamenti ostili mortifica o marginalizza il sottoposto mettendolo in difficoltà e rendendo allo stesso estremamente difficile proseguire il proprio lavoro.
Affinchè si configuri il reato deve realizzarsi uno degli eventi alternativi previsti nell’art. 612 bis cp ossia un perdurante e grave stato d’ansia o paura che costringa la persona a modificare le proprie abitudini di vita.
Nel suddetto senso si è espressa la Corte di Cassazione penz. Sez. III, nella sentenza 32770 del 21/8/24.
Veniva accolto il ricorso del PM, a seguito di riesame a seguito del quale veniva sostituita la misura dei domiciliari con il divieto di dimora nei confronti di docente universitario indagato per una serie dii reati tra cui molestie ad alcune studentesse.
Le studentesse subivano atti persecutori in quanto costrette a non restare mai sole nello studio del professore al fine di riuscire a sottrarsi alle pressioni dell’uomo.
Per la giurisprudenza di legittimità il mobbing dipende da un programma di persecuzione che umilia ed isola il lavoratore.
Al pari dello stalking condominiale o giudiziario dunque si può configurare anche quello lavorativo perché non conta di per se il contesto ma la condotta di vessazione che ostacola la libera autodeterminazione della persona.