Questo è quanto stabilito dalla Sentenza 17 luglio 2012, n. 28701, con la quale la Cassazione penale decidendo su un caso di minacce rivolte a un pubblico ufficiale ha precisato che per potersi perfezionare la violazione dell’ art. 336 c.p. è necessario che la violenza o la minaccia siano tali da costringere il pubblico ufficiale a compiere un atto contrario ai propri doveri o ad omettere un atto d’ufficio.

La corte di legittimità ha altresì precisato che l’atto di minaccia deve sempre precedere il compimento dell’atto, dunque il reato non sussiste se la violenza o la minaccia sono successivi e non hanno inciso sulla determinazione del pubblico ufficiale.

Nella sentenza impugnata la Corte d’appello di Lecce, confermando la sentenza di prime cure aveva riconosciuto la penale responsabilità di un giovane per il reato di cui all’art. 336 c.p. perchè “in concorso con altro minore A.T. , minacciava l’agente di polizia municipale A.P. allo scopo evidente di costringerlo a omettere il fermo amministrativo e l’affidamento in custodia del ciclomotore, a bordo del quale i due ragazzi stavano viaggiando insieme al minore M.G.”. La questione veniva portata poi dinanzi alla suprema corte, la quale chiosava nel senso che la condotta “incriminata” non integrava il delitto di minaccia a pubblico ufficiale.

La motivazione degli Ermellini sul punto è chiara “per la configurabilità del delitto previsto dall’art. 336 e. p., la violenza o la minaccia deve essere diretta a costringere il pubblico ufficiale a fare un atto contrario ai propri doveri o ad omettere un atto dell’ufficio e devono precedere il compimento dell’atto. La condotta realizzata dai due giovani, F. e T., per come emerge dalla sentenza impugnata, appare all’evidenza espressione di volgarità ingiuriosa e di atteggiamento parolaio e genericamente minaccioso e usata a causa dell’atto già in parte compiuto, senza alcuna finalizzazione ad incidere sull’attività che in realtà ebbe a concludersi con il sequestro da parte del agente di polizia municipale”. ”

Dunque, quando il comportamento di aggressione all’incolumità fisica del pubblico ufficiale non sia diretta e funzionale a costringere il soggetto a fare un atto contrario ai propri doveri o ad omettere un atto dell’ufficio, ma sia solo espressione di volgarità ingiuriosa e di atteggiamento genericamente minaccioso, senza alcuna finalizzazione a incidere sull’attività dell’ufficio o del servizio, la condotta violenta non integra il delitto di cui all’art. 336 c.p., ma al massimo e se sussistono gli estremi, i più generali reati di oltraggio, ingiuria e di minaccia, i secondi eventualmente aggravati dalla qualità delle persone offese per la cui procedibilità è necessaria la querela.