Un’uomo ricoverato in ospedale per polmonite viene scoperto affetto dal virus HIV. Egli però mentiva alla moglie sulla propria malattia impedendole di parlare con i medici, assumendo i medicinali per la cura prescritta di nascosto, ponendole in scatole diverse e senza etichetta ed asserendo che si trattasse di pasticche di cortisone per curare la polmonite.

Nonostante il suo comportamento menzognero continuava ad avere rapporti sessuali non protetti con la moglie ignara della sua infezione.

Anche la moglie veniva pertanto contagiata e al presentarsi dei primi sintomi della malattia il marito si opponeva al di lei ricovero in ospedale ed ingannando il medico di famiglia sui sintomi della moglie per farle prescrivere dal medico farmaci antidepressivi.

La madre della donna però la faceva visitare da altro medico che consigliava il ricovero in ospedale, dove veniva riscontrata affetta anch’ella dal virus HIV.

Davanti al giudice di primo grado l’uomo veniva assolto, e così pure in Appello per mancanza di prova che il contagio della moglie fosse avvenuto a seguito di rapporti sessuali con il marito, successivi alla di lui contrazione del virus.

La Suprema Corte sezione V, con sentenza n. 38388 del 3.10.12  ha però ribaltato la situazione, tenendo conto del fatto che non solo l’uomo aveva mentito alla moglie sulla malattia, esponendola così a pericolo  continuando ad avere rapporti sessuali non protetti con la stessa, ed anche del fatto che con inganni ed artifici le aveva impedito di recarsi prontamente del medico accettando il rischio dell’aggravamento della malattia, e riscontrando la configurazione da parte dell’uomo di tutti i reati contestatigli ex artt. 577 u.c., 582, 583 comma 2 n. 1, 585 cp.

La detta Corte ha riscontrato nel marito la sussistenza dell’elemento soggettivo richiesto dai predetti reati nella forma del dolo eventuale: egli infatti pur avendo facoltà di rappresentarsi il verificarsi della concreta possibilità che la sua azione menzognera ed ingannevole avrebbe potuto portare a conseguenze molto gravi (seppur diverse da quelle da lui volute, guidato dalla paura di perderla) ha accettato volontariamente il rischio di contagiarla, rischio che di fatto si concretizzava nell’evento sebbene non voluto.