La Corte Costituzionale con sentenza n. 231 depositata il 7/12/18 ha sancito come sia irragionevole, e contrario al principio costituzionale della finalità rieducativa della pena che i provvedimenti di messa alla prova siano menzionati nei certificati penali richiesti dall’interessato.

La menzione infatti risulta come un ostacolo al reinserimento sociale del soggetto che abbia svolto la messa alla prova con esito positivo, perché può creargli maggiori difficoltà nell’accesso a nuove opportunità lavorative.

Così la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale delle disposizioni sul casellario giudiziale dove prevedevano di riportare sul certificato generale e su quello del casellario l’ordinanza di sospensione con messa alla prova.

Ciò anche perché in tal modo si andrebbe a compromettere la ragion d’essere della dichiarazione di estinzione del reato che è l’esclusione di qualsiasi effetto pregiudizievole per l’imputato, anche per quanto concerne la sua reputazione.

Si è rilevato inoltre che l’obbligo di riportare nel certificato del casellario i provvedimenti sulla messa alla prova si risolve in un “trattamento deteriore” di chi beneficia di questa rispetto a chi, in altri procedimenti ad esempio il patteggiamento, beneficia della non menzione nei certificati richiesti dall’imputato, seppure entrambi siano due istituti premiali.