I funzionari inoperosi sul lavoro possono finire sotto processo. Il dicta viene ribadito dalla Corte di Cassazione che con sentenza n. 8996/2010 ha precisato che e’ reato porre in essere un “perdurante e patologico rifiuto di esercitare i doveri del proprio status e del proprio ufficio”. La Sesta sezione penale della Corte ha confermato una condanna ad un anno di reclusione per rifiuto di atti d’ufficio e per interruzione di pubblico servizio nei confronti di un ufficiale giudiziario che, affermando di essere oberato dal lavoro aveva rifiutato di effettuare notifiche, ritardandole in tal modo anche di mesi o addirittura di anni determinando ritardi alla giustizia. A nulla erano valsi i numerosi solleciti del dirigente e così il caso finiva in Tribunale e poi in Appello dove la Corte competente lo condannava a un anno di reclusione per i reati di cui agli artt. 328 e 340 del codice penale. Nel ricorso in Cassazione l’ufficiale giudiziario sosteneva che non era provato il danno alla giustizia e che in ogni caso era sommerso da una “enorme mole di lavoro con una drammatica carenza di personale”. La Suprema Corte respingeva a ragione il ricorso evidenziando che “il rifiuto di atti di ufficio non sanziona penalmente la generica negligenza o la scarsa sensibilità istituzionale del pubblico ufficiale, ma il rifiuto consapevole di atti da adottarsi senza ritardo, per la tutela dei beni pubblici, rispetto ai quali gli sono state conferite proprio quelle funzioni”.