In relazione ai blog, ed in generale al web, un argomento molto discusso è quello relativo alla possibile responsabilità di un blogger per i contenuti che vengono posti in rete tramite il suo sito.
Sul tema è intervenuta una recente sentenza del Tribunale di Varese, Ufficio Gip, sentenza n. 116 del 8.4.13: il caso era quello di un blog sul quale veniva iniziata una campagna screditante nei confronti delle case editrici a pagamento, che faceva uso anche di espressioni offensive, in particolare rivolte ad una responsabile editoriale. Ciò aveva fatto scaturire una serie di ulteriori messaggi offensivi da parte di terzi che non erano stati bannati dalla responsabile del blog, che per questo motivo veniva condannata per il reato di diffamazione.
Innanzi tutto rimane la difficoltà per il giudicante di inquadrare a livello giuridico il blog: sussiste comunque un divieto di analogia in malam partem in materia penale tra la comunicazione giornalistica a mezzo internet e quella sullo stampato, così come ha chiarito la giurisprudenza (Cass. Sez. V, 1907/10).
Come sottolineato dallo stesso Gip, occorre fare una distinzione tra le affermazioni che, pur essendo particolarmente pesanti, costituiscono una critica legittima da altre che invece hanno esclusivamente un intento diffamatorio.
Una volta appurato il carattere diffamatorio dei contenuti, non vi è dubbio sulla configurabilità della diffamazione aggravata, poiché nel caso di internet la comunicazione è rivolta a più persone e viene utilizzato un “mezzo di pubblicità”.
Nel caso di specie, la responsabilità della blogger in qualità di amministratrice del sito è stata qualificata come diretta sia in merito ai contenuti pubblicati dall’imputata, sia per quelli inseriti da terze persone. Essa è stata ritenuta responsabile dell’intero contenuto del suo sito accessibile dalla rete. Non esclude infatti la sua responsabilità penale, la sussistenza di responsabilità degli autori dei commenti sul sito stesso.
Il Gip presso il Tribunale di Varese è giunto alla conclusione che, posto il divieto di analogia in materia penale, per cui non è possibile assimilare le comunicazioni via internet a quelle telefoniche o alla stampa, appare invece opportuno dare avvalersi di un’interpretazione estensiva delle espressioni “scritti” e “disegni” ex ART. 595, anche per i materiali diffusi via internet.
Per quanto concerne l’elemento materiale del reato per il quale gli atti lesivi devono essere diretti alla persona offesa, questo sussiste sicuramente quando il messaggio è inviato tramite posta elettronica all’indirizzo del destinatario. Più dubbia è invece l’ipotesi in cui l’offesa sia veicolata attraverso un mezzo che raggiunge più persone contemporaneamente (siti web, newsgroup,,,). Si ritiene che in questi ultimi casi non sia integrato il reato d’ingiuria bensì quello di diffamazione aggravata.
Attualmente, molte condotte diffamatorie sono legate all’attività giornalistica, e spesso è difficile definire cosa sia al limite con la libertà d’informazione. Un gran numero di pronunce giurisprudenziali è attualmente diretto all’accertamento della possibilità di invocare le scriminanti del diritto di cronaca e di critica nell’ambito della professione giornalistica. Caso diverso è invece quello delle opinioni espresse attraverso siti internet , newsgroup e blog, che non per forza costituiscono mezzi d’informazione giornalistica, per cui non possono invocarsi il diritto di cronaca e critica.
Secondo parte della recente giurisprudenza, il diritto di critica non sarebbe però solo una specificazione del diritto di cronaca, pertanto considerato a sé, potrebbe essere invocato anche da chi non esercita l’attività giornalistica; avrebbe infatti carattere autonomo e pertanto sarebbe invocabile da chiunque.