La Suprema Corte di Cassazione con la sentenza 46662/22 ha sancito che un medico non può essere condannato per tardiva od omessa diagnosi se non sono esattamente individuate le norme che si ritengono violate.

La vicenda è quella di un medico che veniva condannato in primo e secondo grado per il reato di lesioni colpose per omessa diagnosi di cancro al seno ad una donna con malattia derivata di 127 giorni.

La dottoressa presentava ricorso per Cassazione, ed il secondo motivo veniva accolto infatti la Corte statuiva che “nel valutare i profili di colpa medica il giudice deve prima di tutto individuare puntualmente la regola di arte medica violata, specificando se sul tema ci sono delle linee guida o buone pratiche clinico assistenziali e verificare se il medico nel caso si è distaccato o meno dalle stesse.

Nel caso di specie era emerso che la diagnosi da parte della dottoressa c’era stata e la stessa aveva proposto alla paziente due prelievi e l’esame istologico.

Il quadro dunque appariva lacunoso circa quale fosse stata l’omessa diagnosi o se fosse stata una diagnosi tardiva.

In tale quadro non chiaro risultava difficile comprendere esattamente l’addebito e le norme violate dalla dottoressa.

Pertanto la sentenza impugnata veniva annullata senza rinvio per quanto riguardava gli effetti penali essendo il reato prescritto, e rinviata solo agli effetti civili.