Nessun giudizio di rimproverabilità per omessa sorveglianza sul comportamento dell’indagato può essere fatto valere nei confronti del padre, dunque non può, essere sottoposto a sequestro il veicolo di proprietà del padre del ragazzo sorpreso a guidare ubriaco, neppure se il genitore era a conoscenza del fatto che il figlio era dedito all’alcol.

In sostanza, se mancano delle trasgressioni recenti al Codice della strada da parte di quest’ultimo, non può essere formulato alcun addebito di negligenza o di incauto affidamento al proprietario della macchina allo scopo di legittimare il sequestro.

Questo è quanto stabilito sul tema della guida in stato di ebbrezza dalla Suprema Corte, conla sentenza n. 11791/2010, respingendo appunto il ricorso della Procura che contestava il dissequestro di un veicolo appartenente al padre di un ragazzo ubriaco alla guida.

Infatti, il presupposto di fatto e diritto, per potere arrivare, in fase di definizione del procedimento penale, alla confisca del veicolo, è costituito dalla preventiva sottoposizione del bene stesso alla misura del sequestro preventivo.

La Procura aveva fatto ricorso innanzi ai giudici di legittimità sostenendo la validità del provvedimento di sequestro del veicolo considerando il fatto che il padre era consapevole che il figlio avesse già abusato altre volte di sostanze alcoliche e che,comunque, non aveva fatto nulla al fine di impedire che tale evento potesse ripetersi.

Dunque, la sesta sezione penale della Cassazione ha precisato che “il tribunale del riesame, esaminando tutti gli elementi di fatto esistenti agli atti, ha ritenuto che la conoscenza da parte del padre del fatto che il figlio, all’età di vent’anni, avesse commesso un reato di cui all’articolo 527 del codice penale e fosse stato colto in stato di ebbrezza alcolica alla guida di un’autovettura, in assenza di altri elementi, non era idonea a fondare un giudizio di rimproverabilità per omessa sorveglianza comportamento dell’indagato: la conoscenza di tali precedenti (risalenti a sei anni prima dell’episodio all’origine dell’attuale procedimento penale) non valeva a escludere la buona fede del padre, in quanto non era ragionevolmente esigibile che il padre si rifiutasse di prestare l’autovettura al figlio, in assenza di più recenti e attuali comportamenti in base a cui prevedere la ulteriore commissione di reati come quello per cui si procede”.