Così ha deciso la Cassazione Penale, con sentenza dell’8 febbraio 2012, n.18687: “Il medico di base convenzionato con il Servizio Sanitario Nazionale, che rilascia un certificato medico di proroga della malattia senza effettuare la visita, ma solo sulla base di una telefonata del paziente commette il reato di falsificazione di certificati ai sensi dell’art.480 c.p. Il paziente che, consapevole della falsità del certificato, lo utilizza si rende colpevole del reato di uso di atto falso”.
Nel fatto in esame, un medico condotto aveva prorogato di alcuni giorni la prognosi di una paziente, senza averla visitata, sulla base solo di una telefonata in cui la stessa confermava al dottore il persistere dei sintomi della malattia riscontrati nella precedente visita.
Per quanto sopra, il sanitario è stato ritenuto colpevole del reato di falsità ideologica commessa dal Pubblico Ufficiale in certificati o in autorizzazioni amministrative.
Infatti, il tenore della norma in oggetto sanziona “il pubblico ufficiale, che, nell’esercizio delle sue funzioni, attesta falsamente, in certificati o autorizzazioni amministrative, fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità”.
La Suprema Corte ha confermato che “il medico di base, convenzionato con il Servizio Sanitario Nazionale assume la qualifica di Pubblico Ufficiale, in quanto svolge un’attività amministrativa disciplinata da norme di diritto pubblico”.
Da ciò consegue che “non è consentito al medico effettuare valutazioni o prescrizioni semplicemente sulla base di dichiarazioni effettuate per telefono (…)” , senza un riscontro diretto del sanitario.
“La falsa attestazione, quindi, non attiene alle condizioni di salute della paziente, quanto al fatto che il medico ha emesso un certificato senza effettuare una previa visita e senza alcuna verifica oggettiva delle condizioni di salute”
In questo modo, in concorso con il medico è stata anche condannata anche la paziente per aver fatto uso di certificato falso.