A seguito di impugnazione di sentenza della Corte d’appello di Trento si è pronunciata la Suprema Corte di Cassazione sez. III con sentenza 28 luglio 2021 n. 29577, che ha condannato una donna per il reato di violenza sessuale per avere reiteratamente posizionato il proprio ginocchio tra le gambe del cognato.
L’imputata nel corso di un contesto di accesa conflittualità per l’uso delle parti comuni e di proprietà esclusiva del palazzo ove abitava, dopo che il cognato le si era messo accanto per non consentirle il passaggio attraverso un cancello, avvicinava il proprio viso a quello di lui, gli cingeva i fianchi per tirarlo verso di sé, poneva il ginocchio destro tra le sue gambe e gli toccava due volte i genitali, facendo esplicito riferimento alle sue doti sessuali, mentre lui cerva di allontanarla.
La Suprema Corte ha dunque ritenuto integrato il reato di violenza sessuale, in quanto nella suddetta condotta vi sarebbe evidente valenza sessuale, e da ritenersi irrilevante il contesto di conflittualità che vi era tra i due, tendo presente il fatto che il contatto fisico non era voluto dalla parte offesa che anzi aveva cercato di evitarlo.
Inoltre la condotta dell’imputata non era stata determinata dalla necessità della stessa di difendersi innanzi a un comportamento costrittivo da parte dell’uomo.
Dunque il reato contestato alla donna è stato inquadrato nella fattispecie di cui all’art. 609 bis cp avendo consapevolmente posto in essere un repentino toccamento dei genitali dell’uomo, restando insignificante la finalità denigratoria del gesto.