La rete globale e la rivoluzione digitale hanno creato nuove dinamiche dei flussi informativi: i social network, tra i quali Facebook possono essere definiti come “piazze virtuali”, potendo all’interno di essi condividere fotografie, filmati, pensieri, indirizzi di terze persone ecc.

E’ indubbio che la rete abbia apportato dei vantaggi nella vita delle persone, permettendo di implementare la biderezionalità delle informazioni, cioè la possibilità di fornire ed acquisire parallelamente informazioni sempre maggiormente dettagliate, accorciando le tempistiche di trasmissione delle medesime ed eliminando le distanze.

Ovviamente questa straordinaria forma di comunicazione costituisce anche un rischio sempre crescente per i diritti della personalità di ciascuno di noi: dovrebbero comunque rimanere bilanciati i diritti alla libera circolazione e manifestazione del pensiero, con gli altri diritti di libertà dell’individuo, si pensi al diritto all’onore, alla reputazione, alla dignità personale, alla riservatezza, alla morale pubblica … tutti diritti costituzionalmente tutelati.

Il Gip presso il Tribunale di Livorno nella sentenza emessa il 2 ottobre 2012 n. 38912, si è occupato in particolare del social network Facebook, che in quanto mezzo di comunicazione del pensiero è sempre più costantemente teatro della commissione di reati. Il caso trattato riguardava un ex dipendente di un centro estetico licenziato, a suo avviso, ingiustamente: quest’ultimo pubblicava dei post offensivi sulla bacheca del proprio profilo Facebook, con capacità denigratoria ed offensiva in relazione alla professionalità del detto centro estetico.

Come confermato nella predetta sentenza del GiP nel fatto sussistono tutti gli elementi per l’integrazione del reato di diffamazione, ossia, la precisa individuabilità del soggetto destinatario delle ingiurie, la comunicazione con una pluralità di persone, poiché lo spazio virtuale è indubbiamente “pubblico” e vi è potenzialità di comunicazione con un numero indeterminato di partecipanti dunque la conoscenza da parte di più persone e la possibile incontrollata diffusione, coscienza e volontà di usare espressioni oggettivamente idonee ad offendere decoro, onore, e reputazione del soggetto passivo.

In più, la diffamazione a mezzo internet integra l’ipotesi più grave ex art. 595, 3 cp (offesa arrecata con qualsiasi altro mezzo di pubblicità).

E’ noto che la lesione all’onore tutelato dalla fattispecie dell’ingiuria si può configurare solo se le offese sono effettuate in presenza dell’ingiuriato e che la fattispecie della diffamazione richiede invece che l’offesa sia fatta alla presenza di altri, ma è necessario in ambito di comunicazioni telefoniche e telematiche dare un’interpretazione estensiva delle espressioni “con scritti e disegni” ex art. 595 cp, riferibile anche alla diffusione via internet.

La norma penale richiede altresì che gli atti lesivi siano diretti alla persona offesa, non vi è dubbio che tale requisito sia integrato qualora il messaggio sia mandato tramite posta elettronica al destinatario, maggior dubbio rimane per il social network (ma anche mailing list o siti web) ove l’offesa propalata con il mezzo raggiunge più persone nello stesso momento. In questi casi si tratta comunque di una diffamazione aggravata.

La questione però rimane in molti casi dubbia, è noto che chi svolge l’attività giornalistica gode di un più ampio diritto di cronaca e dunque di critica, il dubbio si pone maggiormente per chi invece non svolge tale attività ma voglia comunque esercitare il proprio diritto di manifestazione del pensiero: il diritto di critica ha carattere autonomo e può essere esercitato da chiunque ovviamente all’interno di quei parametri stabiliti dalla Suprema Corte di Cassazione che sono l’utilità sociale dell’informazione, la verità, e la forma civile dell’espressione.