La Corte di Cassazione sez. V con sentenza n. 44026 del 22/10/14 ha sostenuto che la “malattia” rilevante sul piano giuridico relativamente al reato di lesioni ex art. 582 cp è qualsiasi alterazione anatomica o funzionale che innesti un processo patologico anche non definitivo ossia qualunque alterazione anatomica che comporti un processo di reintegrazione.
Conseguentemente anche una contusione costituisce una malattia.
I giudici di merito condannavano un uomo per lesioni volontarie perché aveva procurato ad una donna con una spinta una contusione escoriata al braccio ed al gluteo che molto tempo aveva necessitato per assorbirsi e con un pugno le aveva cagionato perdita di coscienza: secondo la tesi dell’uomo non poteva trattarsi di malattia in quanto trattavasi di mera alterazione anatomica.
Infatti la di lui difesa sosteneva che per aversi malattia giuridicamente rilevante bisognava che avesse causato limitazioni funzionali ed altresì che una semplice spinta non poteva costituire comunque una violenza tale da mettere in pericolo l’incolumità fisica della donna.
Secondo la Cassazione la tesi dell’imputato si scontra con la giurisprudenza ormai consolidata per la quale “anche una spinta, idonea per la sua forza a far cadere una persona, sia pure eventualmente, con il concorso di particolari condizioni ambientali , costituisce una violenza fisica che aggredisce l’incolumità personale, e pertanto una volta provata la coscienza e la volontà dell’agente di dare tale spinta, si rende configurabile il dolo del delitto di lesioni personali volontarie, avente quale elemento le conseguenze lesive in concreto causate dalla condotta costitutiva di violenza fisica esercitata sull’offeso (così Cass. pen. sez I 7739/73; Sez. V, 104/82; sez. V, 12867/86).