La Suprema Corte di Cassazione sezione II, si è pronunciata con sentenza depositata in data 15 ottobre 2014 sul seguente caso:
con ordinanza il Gip presso il Tribunale di Massa dispose la custodia cautelare in carcere di M.M. indagato per rapina aggravata.
L’indagato propose istanza di riesame, rigettata dal Tribunale di Genova.
Veniva dunque presentato ricorso per Cassazione deducendo vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza di gravi indizi di colpevolezza. M è chiamato in correietà da P.G ma mancherebbero elementi individualizzanti per lo specifico fatto contestato, infatti i filmati dove appare P non forniscono elementi su M..
Neppure i testimoni avrebbero fornito elementi probanti, e l’individuazione fotografica da parte del P. prova solo la conoscenza tra loro due.
Le foto postate su facebook da M.( che ad avviso del Gip erano indicative dell’utilizzo di abbigliamento ed orologio) sarebbero solo dati generici.
La Corte ha ritenuto il predetto ricorso infondato: in quanto i movimenti dell’utenza ritenuta in uso all’M.M., rilevati dai tabulati, non solo risulterebbero compatibili con la rapina ma anche con la residenza dell’indagato e attestano contatti con le utenze del P. ed altri coinvolti. Pertanto si tratterebbe di elemento estraneo alla chiamata in correità idoneo a riscontrarla.
Anche perché non sussisteva spiegazione alternativa dei contatti con i coindagati, da loro stessi riferiti (i dati emergenti dai tabulati telefonici di conversazioni tramite apparecchi mobili in uso a soggetti chiamati in correità ben possono costituire elemento di riscontro esterno individualizzante alle dichiarazioni accusatorie del chiamante, in assenza di plausibili spiegazioni alternative dei contatti avuti tra essi in luoghi e momenti significativi ai fini dell’accertamento del reato (Cass. sez. I, sentenza 29383 del 24/6/09).
Inoltre l’impiegata della banca rapinata ha riconosciuto al polso del rapinatore un orologio particolare, descritto come analogo a quello con cui M. compare nella foto su facebook.
Anche tale elemento, ad avviso della Corte è idoneo a fornire un riscontro individualizzante della chiamata in correità sia dal punto di vista oggettivo che di quello soggettivo, costituendo dunque valido indizio di colpevolezza.