La giurisprudenza di Cassazione è costante nell’affermare l’irrilevanza penale della locazione di immobile ad una prostituta in relazione ai reati di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione.

Non sarebbe infatti ravvisabile il reato di favoreggiamento nella condotta di chi affitta a prezzo di mercato un appartamento ad una persona che esercita la prostituzione sebbene consapevole che la stessa intenda esercitare nello stesso la propria attività.

Vi sarebbe reato,ad avviso della Corte solo qualora vi sia la prova che il locatore, con la riscossione di un canone di entità esagerata e sproporzionato rispetto alle tariffe di mercato, tragga un vantaggio ingiusto economico dall’attività di prostituzione altrui.

La Cassazione (Cass. pen. sez.III, 4931/15) ha chiarito che la “legge Merlin”, non includendo nell’area del penalmente rilevante la prostituzione in sé, si pone come finalità quella di evitare che siano poste in essere condotte di agevolazione e/o sfruttamento della prostituzione, cioè condotte a parte che sarebbero idonee a diffondere ulteriormente il fenomeno del meretricio.

In tal senso si può affermare che le disposizioni legislative sono incoerenti, infatti, se riprovevole è la mercificazione del corpo a fini sessuali, allora anche l’atto di prostituzione in sé dovrebbe essere considerato penalmente rilevante in quanto offensivo del buon costume.

Se invece non si volesse affermare che la prostituzione in se non è penalmente rilevante, allora non si spiega perché possano assumere di riflesso carattere di illecito penale condotte che mirano a consentire un’attività penalmente irrilevante o che traggano vantaggio da essa.

Dunque la persona che cede in locazione un immobile ad una prostituta attua un “contributo alla persona”, configurando il contratto stipulato un modo per assicurare al conduttore l’esplicazione del diritto abitativo.

L’utilizzo successivo dell’abitazione per l’esercizio dell’attività di prostituzione, anche se oggetto di rappresentazione psichica del locatore, costituisce un elemento accessorio e successivo, non in grado di legarsi in maniera causale alla stipula del negozio giuridico.

Spiegano infatti i giudici della corte che “anche quando il reato previsto è a forma libera, come lo sono lo sfruttamento ed il favoreggiamento, la condotta dell’agente deve essere legata all’evento da un nesso causale penalmente rilevante”, ne deriva che non vi è reato ove la condotta dell’agente non abbia cagionato un effettivo ausilio per il meretricio, nel senso che questo sarebbe stato esercitato ugualmente in condizioni sostanzialmente equivalenti”.

Posta l’irrilevanza del fatto storico in relazione al favoreggiamento, i Giudici hanno vagliato la possibilità di sussumere la locazione di immobile a prostituta nella nozione di sfruttamento della prostituzione in relazione ai guadagni che il locatore ottiene dai canoni anche grazie all’attività di meretricio svolta  dal conduttore. Ma anche questa questione è stata rigettata, poiché per aversi sfruttamento è indispensabile che l’agente tragga un’utilità dall’altrui meretricio, e ciò deve essere rigorosamente oggetto di prova. L’ottenimento di tale utilità sarebbe insito nell’accaparramento di canoni di locazione spropositamente eccessivi tanto da derivarne che essi comprendano una parte economica strettamente legata all’attività di prostituzione.