La sottoscrizione di un modulo di consenso informato del tutto generico da parte del paziente non è idonea a far presumere che il medico a ciò obbligato abbia comunicato oralmente al paziente tutte le informazioni necessarie che egli era contrattualmente obbligato a fornire a tal fine.
Cass. Civ. , sez. III, 9 dicembre 2010, n. 24853
Il consenso informato è entrato a far parte della pratica medica ordinaria al punto che si può tranquillamente considerare parte essenziale di esso .
Accolto dunque , sia nella deontologia che nell’ordinamento giuridico, il principio del consenso informato, il medico è via via divenuto un puro professionista che stipula un contratto con il malato che si sottopone alle sue cure.
Occorre peraltro precisare che l’acquisizione del consenso informato non può tradursi in una mera operazione burocratica del tipo “firmi qui”; al contrario le informazioni sulle prestazioni e sulle tecniche terapeutiche proposte al paziente dovranno essere fornite in maniera dettagliata ed esauriente .
E’ proprio sulla falsariga di tale principio che si segnala la sentenza in questione la quale , in sostanza, afferma che affinchè alla dichiarazione resa dal paziente possa attribuirsi valore confessorio ( ai danni del dichiarante) occorre che essa verta su fatti tali da comprovare l’estinzione della obbligazione informativa (gravante sul medico curante).
Tale non potrebbe essere la generica dichiarazione del paziente di essere stato adeguatamente informato della natura del trattamento terapeutico , dei suoi rischi e delle sue possibili complicazioni .
Dichiarazioni del genere non avrebbero ad oggetto fatti , bensì mere valutazioni o opinioni del dichiarante e , pertanto, inidonee ad assolvere lo scopo cui la attività informativa è preordinata.