Cass. Civ., Sez. I, Ordinanza 11 dicembre 2023, n. 34383
Riff.: art. 337 ter c.c.; artt. 5 e 9 L. 898/1970 e ss.mm.ii.
Conformi: Cass. n. 4811/2018; Cass. n. 19299/2020
Con la recentissima ordinanza n. 34383 (emessa il dicembre scorso), gli Ermellini tornano sul tema dei criteri attributivi e determinativi dell’assegno di divorzio, i quali, sulla scorta di quanto stabilito delle Sezioni Unite nella nota sentenza n. 18287/2018, non dipendono dal tenore di vita goduto durante il matrimonio, eleggendo, piuttosto, esclusivamente lo squilibrio economico-patrimoniale tra i coniugi a precondizione fattuale, il cui accertamento è necessario per l’applicazione dei parametri di cui all’art. 5, comma 6 prima parte, L. n. 898/1970, in ragione della finalità composita assistenziale e perequativo-compensativa di detto assegno (cfr. Cass. n. 32398/2019).
Il giudizio deve essere espresso alla luce di una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare e alla formazione del patrimonio comune, nonché di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio e all’età dell’avente diritto.
Nell’ipotesi in cui sia stata instaurata una stabile convivenza di fatto tra un terzo e l’ex coniuge economicamente più debole, questi, se privo di mezzi adeguati e impossibilitato a procurarseli per motivi oggettivi, conserva il diritto al riconoscimento dell’assegno di divorzio in funzione esclusivamente compensativa, dovendo fornire la prova secondo i criteri già indicati tramite Cass. SS. UU. n. 32198/2021.
L’accoglimento di altri due motivi di impugnazione costituisce inoltre l’occasione per affrontare il tema relativo alla quantificazione del contributo al mantenimento ordinario dei figli minorenni (o maggiorenni e non economicamente autosufficienti) da parte del genitore non collocatario.
Fermo il principio secondo il quale a fronte della richiesta di revisione dell’assegno di mantenimento dei figli, giustificata dall’insorgenza di maggiori spese legate alla crescita di questi ultimi, il giudice di merito non è tenuto, in via preliminare, ad accertare l’esistenza di sopravvenienze nel reddito del genitore obbligato, ma a verificare se tali maggiori oneri comportino la necessità di rivedere l’assegno (così Cass. n. 22075/2022), la Suprema Corte ritiene oggi che l’eventuale mancato accertamento di maggiori spese non escluda, né sia incompatibile con una diversa ripartizione del contributo alla luce di modifiche reddituali o patrimoniali tali da incidere sul criterio di proporzionalità utilizzato per la originaria ripartizione dei rispettivi oneri.
Atteso che l’assegno divorzile è contribuzione del tutto autonoma da quella prevista per il mantenimento dei figli e soggetta a propri presupposti, il Giudice di Legittimità rileva che la Corte di merito avrebbe dovuto considerare la capacità reddituale di entrambe le parti al fine di applicare il criterio di proporzionalità anche in vista di una mera ridistribuzione del carico economico complessivo per il mantenimento della prole, anche ove non siano state accertate maggiori spese, valutazione che, nel caso di specie, non è stata sviluppata.