La Cassazione, sez. I,  con sentenza 8929/13, ha mutato orientamento in tema di addebito della separazione. Infatti,  con sentenza del 2008, la Corte dichiarava che l’addebito richiede l’accertamento di un comportamento contrario  ai doveri del matrimonio ex art. 143 c.c., far i quali rientra l’obbligo di fedeltà, da intendersi non solo come astensione dalle relazioni sessuali extraconiugali, ma anche come impegno a non tradire la fiducia reciproca intesa anche come concetto spirituale. Secondo tale superato orientamento, il concetto di fedeltà andava accostato a quello di lealtà, pertanto andava inteso come  fedeltà affettiva che comporta di sacrificare le proprie scelte in favore della coppia. La Corte aveva dunque ritenuto provato il tradimento, con conseguente addebito della separazione, in quanto una relazione interpersonale qualora generi plausibili sospetti d’infedeltà, anche se non sfoci in adulterio, comporta comunque offesa a dignità ed onore dell’altro coniuge.

In tal senso si era pronunciato Il Tribunale di Forlì, il quale addebitava la separazione alla moglie in quanto la stessa per lungo tempo, aveva  mantenuto una relazione con un altro uomo, consistita in scambi di messaggi telefonici e via internet, senza che tra i due ci fosse mai stato un incontro effettivo.

La prova della relazione era pervenuta dalla moglie dell’uomo, la quale aveva testimoniato il ritrovamento da parte sua di messaggi amorosi tra i due.

In Appello si era pervenuti ad una decisione opposta a quella di primo grado, in quanto non vi erano prove sufficientemente indicative del fatto che tra i coniugi delle due coppie vi fosse stata una frequentazione o incontri sessuali neppure occasionali. Inoltre dai messaggi traspariva esclusivamente un coinvolgimento sentimentale dell’uomo e mai quello della donna.

Ad avviso della Corte d’Appello, a configurare l’addebito non poteva bastare una relazione platonica, anche perché essendosi svolta privatamente, non aveva i caratteri tali da offendere l’onore ed il decoro dei rispettivi coniugi traditi; ed inoltre, non era dimostrabile il nesso causale tra la crisi matrimoniale e la relazione platonica, che da tempo ormai era stata interrotta. Neppure, il predetto nesso causale avrebbe potuto provarsi in conseguenza di un parallelismo con l’altra coppia, che a causa della relazione era addivenuta a separazione consensuale.

 

La sentenza di primo grado è stata ribaltata anche dalla Corte di Cassazione (Cass. Civ., sez. I, 12/4/13 n. 8929), che ha confermato la pronuncia di appello.

La Suprema Corte ha chiarito che, in base alle prove ottenute in giudizio, non si può parlare di adulterio solo perché il coniuge intrattiene con un estraneo una relazione di scambio interpersonale che di per se non sia idonea, non destando il sospetto di infedeltà coniugale, a offendere dignità ed onore dell’altro coniuge.