Finisce in cassazione la vicenda che ha visto una sposa rivolgersi al Tribunale Capitolino perché, a suo dire, l’abito il cui confezionamento era stato affidato ad un noto atelier della capitale non avrebbe soddisfatto le sue aspettative.
In buona sostanza la detta sposa riteneva di non potersi considerare soddisfatta del manufatto in questione e si era così rifiutata di saldarne il prezzo (..”la gonna era dritta e non cadeva come nella foto che avevo mostrato alle stiliste” .., ”le spalline sono troppo sottili..”, “la linea è troppo classica”).
Secondo la cliente la normativa a cui si sarebbe dovuto far riferimento è quella dell’appalto e, su tali presupposti, ne chiedeva la risoluzione per inadempimento.
La Cassazione (Sentenza 31 Marzo 2017 N. 8509) non condivide le ragioni sostenute dalla sposa e dispone per la condanna di quest’ultima al pagamento del prezzo dell’abito (oltre 8 mila euro).
Secondo gli Ermellini la ricorrente (al di la delle generiche lamentele circa la non corrispondenza dell’abito alle sue aspettative) non è comunque stata in grado di provare alcunché che potesse somigliare ad una condotta inadempiente della sua controparte (l’atelier); tra l’altro anche la circostanza che dopo la prima prova dell’abito la nubenda abbia deciso di acquistare il velo denoterebbe il fatto che la detta prova poteva dirsi favorevolmente superata.