Qualora si verifichi un infortunio sul lavoro, come noto, la responsabilità del datore di lavoro viene affermata in quanto l’infortunio stesso derivi dalla violazione di determinati obblighi di comportamento imposti dalla legge o comunque suggeriti dalle conoscenze tecniche in rapporto al lavoro svolto.

Sul punto è intervenuta tuttavia una recentissima Sentenza della Corte di Cassazione (12347.2016) con la quale, in pratica, si tende ad escludere una sorta di responsabilità oggettiva del datore di lavoro, non potendosi pertanto automaticamente desumere (dal mero verificarsi del danno) la inadeguatezza delle misure di protezione adottate.

Il caso alla origine del contenzioso finito poi dinnanzi agli Ermellini riguardava l’infortunio di un operaio il quale (in sella ad un velocipede) nel fuoriuscire da un cunicolo di ispezione andava a travolgere altro lavoratore arrecandogli lesioni.

La Corte di merito aveva rilevato che nessuna censura poteva essere mossa al datore di lavoro posto che, in prossimità del suddetto cunicolo, erano stati apposti segnali di pericolo atti a richiamare l’attenzione di procedere a passo d’uomo in quel tratto.

Il ricorso per Cassazione si incentrava, tra le altre cose, sul fatto che il datore di lavoro avrebbe comunque dovuto vigilare sulla sicurezza dei propri dipendenti nonché sulla circostanza secondo la quale la Corte di merito sarebbe stata rea di non aver tenuto in considerazione l’inadempimento del datore di lavoro con riguardo agli obblighi di protezione ex. art. 2087 cc. e del fatto che non avesse fornito la prova liberatoria sul punto.

Secondo la Suprema Corte, al contrario, la precitata norma consentirebbe di imputare al datore di lavoro non qualsiasi evento lesivo che colpisca i suoi dipendenti, ma solo quello che concretizza le astratte ipotesi di negligenza, imprudenza, imperizia ecc., dovendo invece escludersi tale responsabilità quando la condotta sia stata diligente e non imprudente con riguardo allo specifico pericolo di provocare proprio quell’evento particolare.