Il nuovo orientamento della Suprema Corte sul tema del diritto alla permanenza nella casa coniugale, dopo la separazione, nell’ipotesi in cui la stessa fosse stata concessa in comodato agli sposi dai genitori di uno di essi affinché la stessa venisse adibita ad abitazione familiare è fortemente innovativo rispetto alla tendenza pregressa.

Infatti, i giudici di legittimità con la sentenza 15986/2010 hanno segnato un’importante e rilevante svolta (visto il precedente e consolidato orientamento giurisprudenziale in tale ambito) sul tema del comodato e della assegnazione della casa coniugale in caso di separazione tra coniugi, precisando che l’abitazione deve essere restituita ai suoceri, che la concessero, appunto, in comodato.

La decisione della Corte si fonda sul fatto che la fattispecie integrerebbe il c.d. comodato precario caratterizzato dalla circostanza che la determinazione del termine di efficacia del vincolo è rimesso in via potestativa alla sola volontà del comodante.

I Giudici di legittimità nella sentenza de qua hanno evidenziato che nel caso in cui sia in atto un comodato precario, senza la previsione di un termine per la restituzione dell’immobile, è nella facoltà del proprietario dell’immobile (nel caso di specie i suoceri) chiedere alla ex moglie di lasciare l’alloggio anche se assegnato alla stessa con provvedimento del giudice.

Pertanto, in tal caso la determinazione del termine di efficacia del vincolo contrattuale di comodato, costituito tra le parti, è rimesso alla sola volontà del comodante che ha la facoltà di manifestarla in ogni momento, non avendo, dunque, a dire degli Ermellini alcuna rilevanza il fatto che la casa familiare sia stata assegnata in sede di separazione personale dei coniugi al coniuge affidatario dei figli.

Sarà finalmente una nuova forma di giustizia sostanziale a tutela di diritti fino ad ora calpestati?