Nel procedimento di pignoramento presso terzi ante riforma l. 228.2012, il terzo non era obbligato a rendere la dichiarazione ma era semplicemente onerato a farlo posto che, in caso di mancata dichiarazione, era prevista la possibilità di introdurre, a suo danno, un giudizio di accertamento del suo obbligo.

Ora, a seguito della novella ex. l. 228.2012 (in vigore dal 01.01.2013), la prospettiva è radicalmente mutata: in sostanza il silenzio del terzo pignorato ora non ha più il potere di inertizzare il pignoramento ma, al contrario, acquisisce la portata di riconoscimento del debito con consequenziale possibilità di procedere alla assegnazione del credito (fatto salvo comunque, per i crediti non derivanti da rapporto di lavoro, l’onere di fissare una nuova udienza ove il creditore dichiari di non avere ricevuto la dichiarazione del terzo).

A conti fatti la nuova disciplina consente che il terzo, per il solo fatto di non essere comparso all’udienza e non aver reso la dichiarazione, possa essere ritenuto a tutti gli effetti debitor debitoris anche se nella realtà non lo è .

Sarà dunque buona norma inserire nell’atto di pignoramento l’avviso (rivolto al terzo) circa le conseguenze derivanti da una sua eventuale inerzia.

Un’altra questione riguarda poi la portata del riconoscimento, per così dire automatico, del credito nella ipotesi in cui il terzo non sia comparso alla udienza e non abbia reso la dichiarazione.

Nessun problema se l’atto di pignoramento ha ad oggetto un credito descritto in maniera chiara e precisa: il giudice assegna la somma o il bene pignorato .

Più complesso il caso (assai più frequente) di un pignoramento indeterminato (cfr. art. 543 cpc c.2) poiché, in tale circostanza, il meccanismo della non contestazione ha spazi di manovra più ristretti e di difficile attuazione.

E’ infatti evidente che dinnanzi ad una procedura espropriativa avente ad oggetto “tutte le somme dovute…” , senza null’altro specificare , il Giudice non potrà assegnare alcunché stante la assoluta indeterminatezza dell’oggetto (lo stesso principio di non contestazione ex. art. 115 cpc non può che riguardare fatti specifici).

Altra ipotesi potrebbe essere rappresentata dal pignoramento che individua esattamente il rapporto giuridico in forza del quale il terzo è debitor debitoris senza, tuttavia, indicare le somme eventualmente dovute: anche qui il principio di non contestazione trova serie difficoltà ad insediarsi.

Tra le varie soluzioni che possono prospettarsi vale la pena segnalare l’orientamento (connotato, ad avviso di chi scrive, da estrema saggezza) del Tribunale di Torino secondo il quale, in presenza appunto di un pignoramento come sopra descritto, il Giudice deve invitare il procedente ad integrare l’atto di pignoramento affinchè venga specificata la somma dovuta dal terzo cui andrà ovviamente ri-notificato il provvedimento contenente richiesta di integrazione e contestuale fissazione di altra udienza.

A questo punto se il creditore non sarà ancora nelle condizioni di aderire alla richiesta di integrazione non potrà che vedersi rigettato il pignoramento per indeterminatezza dell’oggetto. Se invece procederà a specificare le somme dovute nel loro ammontare spetterà al terzo farsi carico, eventualmente, di negare o rettificare il proprio eventuale minor debito .

In conclusione si può senz’altro affermare che con il riformato art. 548 cpc il terzo (che peraltro nemmeno può essere considerato parte nel processo esecutivo) dovrà prestare particolare attenzione posto che se non rende la dichiarazione o non compare alla udienza  sono previste, a suo carico, “sanzioni” pesantissime quali quella di poter essere onerato a pagare somme di denaro da lui non realmente dovute.