La Suprema Corte di Cassazione civile con sentenza 2904/2015 ha chiarito che il lavoratore dipendente , anche se mosso da puro intento giocoso non è scriminato se con la propria condotta possa creare danno all’immagine all’azienda.

Un operaio torinese di uno stabilimento legato all’Alfa Romeo, aveva trascorso mesi a punzecchiare quotidianamente una collega addetta al controllo di qualità dei sedili delle vetture prodotte, facendogli trovare sempre ricoperti di immondizia, di modo che la donna ogni volta era costretta a cercare ed eliminare i rifiuti per evitare che fossero commercializzati pezzi pieni di spazzatura.

La donna ormai stanca dello scherzo denunciava il fatto al direttore dell’azienda, il quale disponeva il licenziamento dell’operai burlone per motivi disciplinari.

L’operaio effettuava dunque ricorso per il licenziamento al Tribunale di Torino, considerandolo un provvedimento eccessivamente gravoso, il quale però non accoglieva le motivazioni dell’operaio, il quale dunque si rivolgeva alla Corte D’Appello che accoglieva le di lui ragioni ordinandone il reintegro nel posto di lavoro.

La Cassazione con la predetta sentenza, ribaltava però la decisione della Corte e rinviava gli atti processuali al secondo grado di giudizio, ritenendo che l’uomo seppur mosso da animus iocandi, aveva con la propria condotta rischiato consapevolmente di procurare un pesante danno all’immagine all’azienda e questo comporterebbe a detta dei giudici “un grave inadempimento degli obblighi di diligenza e correttezza gravanti sul lavoratore” dunque motivo giustificativo del licenziamento.