Il fermo amministrativo di beni mobili registrati come sono gli autoveicoli è un procedimento cautelare che l’agente della riscossione può attivare decorsi invano 60 giorni dalla notifica della cartella di pagamento.
Il fermo dovrà essere preceduto da un preavviso da inviarsi da parte dell’agente di riscossione al debitore, con comunicazione che, in mancanza del pagamento da parte del contribuente delle somme dovute entro l’ulteriore termine di 30 giorni, verrà eseguito il fermo senza ulteriore comunicazione di avviso, attraverso iscrizione del provvedimento che lo dispone nei registri mobiliari.
La Corte di Cassazione, Sezione VI-3 Civile, con l’ordinanza 7 maggio 2018, n. 10854, statuisce che in caso di contestazione del fermo amministrativo, il soggetto legittimato passivo nel giudizio di opposizione è l’agente della riscossione e non l’ente creditore.
In particolare, il problema si è posto in ordine alla valutazione circa la necessità di chiamata in causa dell’ente creditore unitamente all’agente di riscossione.
Equitalia Servizi di Riscossione SpA impugnava, dinanzi al Tribunale di Locri, la sentenza di accoglimento dell’opposizione del fermo amministrativo emessa dal Giudice di Pace di Siderno.
Il Tribunale suddetto rigettava l’appello.
A quel punto Equitalia impugnava nuovamente, con ricorso per Cassazione, lamentando l’omessa chiamata in causa dell’ente impositore, da parte del presunto debitore, in considerazione del fatto che i vizi lamentati nel giudizio di opposizione riguardavano essenzialmente la maturazione della prescrizione del credito in un tempo anteriore alla data di notifica della cartella esattoriale, se non già alla data di formazione del ruolo. La ricorrente lamentava pertanto anche la mancata integrazione del contraddittorio di cui all’art. 101 c.p.c.
La Suprema Corte chiamata a dirimere la questione ha definito il caso attraverso l’estensione dei principi generali inerenti l’impugnazione delle cartelle esattoriali, in base ai quali necessario legittimato passivo nel giudizio di opposizione al fermo amministrativo è proprio l’agente di riscossione che ha avviato la procedura di fermo. Pertanto non è configurabile un litisconsorzio necessario con l’ente impositore, che può essere chiamato in causa dall’agente di riscossione esclusivamente al fine di escludere la propria responsabilità istituzionale in merito all’attivazione della procedura di riscossione, in quanto atto integrante un dovere di ufficio.
Con l’ordinanza in oggetto, la Corte di Cassazione richiama i principi di diritto già sanciti dal Giudice di Legittimità con sentenza n. 3707 del 25 febbraio 2016 e dalle Sezioni Unite con sentenza n. 16412 del 2007 in tema di legittimazione passiva nel giudizio di opposizione alla cartella esattoriale: i legittimati passivi del ricorso avverso un atto di Equitalia sono l’agente di riscossione o l’ente creditore, in base al vizio denunciato in atti dal contribuente. Se il vizio riguarda l’attività di riscossione, legittimato passivo è l’agente di riscossione; se, invece, il vizio riguarda il tributo in sé, legittimato passivo è l’ente creditore. In ogni caso, la Corte afferma che l’onere di integrare il contraddittorio, nei confronti dell’ente creditore, spetta all’agente di riscossione, nel caso di specie ad Equitalia e, ciò, ai soli fini di rivalsa.
Alla luce delle considerazioni svolte, i giudici di legittimità concludono l’ordinanza in oggetto con la statuizione del seguente principio di diritto: “anche in un’azione di contestazione del fermo amministrativo, nonostante essa integri un’ordinaria azione di accertamento negativo circa i presupposti per l’adozione di quella misura, legittimato passivo necessario è l’agente della riscossione; da un lato, perché esso ha dato corso, sia pure per ineludibile dovere istituzionale, all’iscrizione della misura e quindi causa alla necessità, per il preteso debitore, di azionare il giudizio; dall’altro lato, perché nei suoi confronti andrà pronunziata la condanna alla cancellazione; residuando la sua facoltà di chiamare in causa l’ente creditore quale presupposto per escludere, in via di rivalsa e quindi esclusivamente nei rapporti interni con quello, la propria istituzionale responsabilità”.
La Corte di Cassazione, pertanto, rigettava il ricorso in quanto manifestamente infondato.