Una recente Ordinanza del Tribunale di Bari (14 Dicembre 2015) è tornata sulla complicata questione che riguarda le metodologie di calcolo del tasso-soglia usura; il Giudice barese aderisce all’orientamento (sposato dalla giurisprudenza di legittimità) secondo il quale, ai fini del calcolo di cui sopra, devono essere computati gli interessi moratori unitamente a quelli corrispettivi.

Il Tribunale affronta poi la questione riguardante la validità (o meno) delle clausole di salvaguardia attraverso le quali le Banche sono solite a cautelarsi per la ipotesi dello sforamento dei tassi usura; in pratica i contratti contemplano una clausola che stabilisce che il TEG si intende pattuito nei limiti fissati dalla legge sulla usura.

Secondo il Tribunale di Bari (la cui pronuncia si inserisce in un contesto piuttosto scarno di contributi sul punto) la clausola in questione non produrrebbe l’effetto di escludere la sussistenza dell’usura.

Va detto che l’art. 1815 cc comma 2 dispone l’azzeramento degli interessi nella ipotesi di sforamento del tasso soglia; è disposizione di carattere imperativo posto che determina la conseguenza (sul piano civilistico) di una norma di carattere penale (art. 644 c.p –reato di usura) e dunque presidia interessi di rango pubblicistico dei quali non ne è ipotizzabile una deroga.

Si potrebbe casomai optare per una piena operatività delle clausole di salvaguardia nei casi di usura sopravvenuta; è la ipotesi di un TEG (relativo ad un determinato contratto) al di sotto della soglia al momento della stipula e che, con il trascorrere del tempo (e per l’effetto dello abbassamento dei tassi medi di mercato), possa ascendere e superare il tasso soglia usura.

In tali circostanze la clausola di salvaguardia dovrebbe essere assolutamente valida posto che mira a scongiurare, per la banca, i rischi correlati ad eventuali futuri abbassamenti dei tassi di interesse.