Le Sezioni Unite saranno chiamate a decidere se la convivenza prematrimoniale debba avere o meno un peso ai fini della quantificazione dell’assegno di divorzio.

I Giudici della I sezione (ord. interlocutoria 30671/22), hanno infatti considerato tale questione di massima importanza invocando così l’intervento delle Sezioni Unite.

La vicenda trae origine da una Sentenza della Corte D’Appello chiamata a decidere l’ammontare del mantenimento dovuto dall’ex. marito; a tal fine, veniva presa in considerazione la sola durata del matrimonio, ignorando il periodo more uxorio antecedente le nozze.

I giudici territoriali si erano basati sul dato letterale della legge 898/70 sull’assegno divorzile che fa riferimento alla sola durata del matrimonio, ritenendo dunque irrilevante “il periodo antecedente al formale coniugio, protrattosi per sette anni e caratterizzato da una stabilità affettiva oltre che dall’assunzione spontanea di reciproci obblighi di assistenza”.

La I sezione pare non concordare sul punto e, nel passare la parola alle Sez. Unite, esprime qualche considerazione sui tempi che cambiano.” La convivenza prematrimoniale è un fenomeno di costume sempre più radicato nei comportamenti della nostra società cui si affianca un accresciuto riconoscimento – nei dati statistici e nella percezione delle persone- dei legami di fatto, intesi come formazioni familiari e sociali di tendenziale pari dignità rispetto a quelle matrimoniali”.

Da ciò, i Giudici di Corte, ne traggono una conclusione: “Il riconoscimento di una sostanziale identità dal punto di vista della dignità sociale, tra i due fenomeni di aggregazione affettiva, sotto alcuni punti di vista rende meno coerente il mantenimento di una distinzione fra la durata legale del matrimonio e quello della convivenza”.

Prosegue la Corte. “Non del tutto dissimile è la possibilità di tenere conto anche del periodo di convivenza prematrimoniale, cui sia seguito il vero e proprio matrimonio, successivamente naufragato, ai fini della determinazione dell’assegno divorzile”.

Alle Sezioni Unite resterà dunque l’ultima parola sulla questione.