L’allontanamento dalla casa familiare , senza il consenso dell’altro coniuge e confermato dal rifiuto di tornarvi, costituisce violazione di un obbligo matrimoniale; conseguentemente è causa di addebitamento della separazione poiché porta all’impossibilità della coabitazione. Tuttavia , non sussiste tale violazione qualora risulti legittimato da una “ giusta causa”, da ravvisare anche nei casi di frequenti litigi domestici della moglie con la suocera convivente e nel conseguente progressivo deterioramento dei rapporti tra gli stessi coniugi, e ciò anche in assenza di tradimento o di violenze da parte del marito .
Cass. Civ. Sez. I ord. 24 febbraio 2011, n. 4540.
Secondo questa presa di posizione del Supremo Collegio il volontario abbandono della casa coniugale sarebbe, di per sé, sufficiente per irrogare la sanzione dell’addebito della separazione poiché conduce alla impossibilità della convivenza, salvo che sia data la prova ( ovviamente a carico di chi “se ne va”..) che esso sia stato determinato dalla condotta dell’altro coniuge .
Secondo infatti la Corte l’allontanamento dalla casa famigliare senza il consenso dell’altro coniuge e suggellato dal rifiuto di farvi rientro , costituisce violazione di un obbligo matrimoniale e che , di conseguenza, è causa di addebito della separazione in quanto porta alla impossibilità della coabitazione.
Tale violazione, tuttavia, non sussiste qualora il “fuggitivo” sia sorretto da una giusta causa nel compiere il gesto ( frequenti litigi della moglie con la suocera ad esempio).
L’abbandono della casa coniugale dunque non costituisce causa di addebito della separazione quando sia stato causato da giusta causa ossia da fatti o comportamenti altrui che risultino incompatibili con la protrazione della convivenza.