Nell’ipotesi in cui si venga diffamati tramite Facebook la prima cosa da fare è segnalare proprio al social network per far rimuovere il contenuto diffamatorio o bloccare il profilo fake autore dell’abuso.

E’ necessario indicare i contenuti abusivi ed il presunto autore degli stessi, fornendo gli estremi del suo profilo Facebook in particolare l’indirizzo ID visibile nella parte inferiore del browser.

Può facilitare anche indicare possibili lettori dei post diffamatori, i quali potrebbero venire sentiti in sede di indagini preliminari dal Pm o Polizia Giudiziaria per rinforzare l’ipotesi accusatoria, e poi anche in un successivo processo come testi.

Secondo recente pronuncia di Cassazione (Cass. pen. sez. V, 5 febbraio 2018 n. 5352) sarebbe indispensabile fornire indirizzo IP di provenienza del post, poiché non potrebbe escludersi a priori un utilizzo abusivo del nickname e del profilo dell’imputato.

L’indirizzo IP è un codice numerico esclusivo per ogni dispositivo elettronico al momento della connessione ad una determinata posizione telefonica che permette di individuare la titolarità della stessa. Consiste in una sorta di targa che contrassegna ogni connessione internet.

Tuttavia c’è da tenere presente che giurisprudenza anche successiva alla detta pronuncia è solita adottare un atteggiamento più cauto e non ritiene che l’esatta identificazione dell’indirizzo IP sia l’unico elemento dirimente, ma bisogna invece tenere in considerazione  la convergenza di altri indizi, come ad esempio il movente che ha spinto il soggetto alla commissione del reato (Cass. sez. V, 9942/18) o il concreto contegno del reo desumibile dall’eventuale proposizione di denunci di usurpazione di identità o dal tentativo di cancellazione dei post disconosciuti (Cass. sez. V, 5175/18).