Con l’ordinanza n. 19758 del 23 luglio 2019 gli Ermellini tornano a ribadire che l’eventuale estraneità del debito ai bisogni della famiglia e la consapevolezza di ciò da parte del creditore per escludere l’esecuzione forzata in virtù dell’art. 170 c.c. va dimostrata da parte del debitore-contribuente.
In particolare il titolare del bene facente parte del fondo patrimoniale che contesti la legittimità dell’iscrizione ipotecaria sul relativo cespite ha l’onere di allegare e provare i fatti costitutivi dell’illegittimità dell’iscrizione, ovverosia l’essere stato il debito del coniuge contratto per uno scopo estraneo ai bisogni della famiglia, nonché che tale estraneità era conosciuta dal creditore che ha iscritto l’ipoteca.
Nel caso al vaglio della Corte di Cassazione l’Agenzia delle Entrate aveva inviato avviso di iscrizione d’ipoteca su un bene del creditore appartenente ad un fondo patrimoniale costituito fra i coniugi.
Su domanda del contribuente il Giudice di prime cure aveva accolto la domanda di annullamento, mentre la Corte d’Appello riconosceva la validità dell’iscrizione sul presupposto che il contribuente non aveva dimostrato l’estraneità dei debiti alle necessità della famiglia.
L’art. 170 c.c. afferma, infatti, che l’esecuzione sui beni del fondo non può avvenire per debiti che il creditore conosceva essere stati contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia.
In Cassazione il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 77 del D.P.R. n. 602/1973 e degli artt. 167 e 170 c.c., circa la natura del debito fiscale non riconducibile ai bisogni della famiglia.
Ebbene iGiudici del Palazzaccio ribadiscono il principio già affermato e consolidato in materia, secondo il quale l’onere della prova dei presupposti di applicabilità dell’art. 170 c.c., ed in particolare che il debito per cui si procede sia stato contratto per scopi estranei ai bisogni familiari e che il creditore sia a conoscenza di tale circostanza, grava sulla parte che intende usufruire del regime di impignorabilità dei beni costituiti in fondo patrimoniale (in tal senso Cass. del 19/02/2013 n. 4011).
In ispecie, nella richiamata sentenza n. 4011/2013, la Corte estendeva le regole di cui all’art. 170 c.c. anche ai casi d’ipoteca non volontaria, compresa quella di cui all’art. 77 del D.P.R. n. 602/1973.
L’esattore ha facoltà, dunque, di iscrivere ipoteca su beni del fondo appartenenti al coniuge (o anche ad un terzo), purché il debito sia stato contratto per uno scopo non estraneo alle necessità familiari, e quando, anche se contratto per uno scopo diverso, il titolare del credito non conosceva l’estraneità ai bisogni della famiglia.
Il punto in questione riguarda la ripartizione dell’onere della prova dei suddetti requisiti, che, secondo l’orientamento corrente della Cassazione, grava sul coniuge (o terzo) titolare del bene facente parte del fondo patrimoniale, che agisce in contestazione della legittimità dell’iscrizione ipotecaria.
Inoltre il provvedimento in esame specifica che il criterio identificativo dei debiti per i quali può avere luogo l’esecuzione sui beni del fondo va ricercato non nella natura dell’obbligazione, ma nella relazione tra il fatto generatore di essa e i bisogni della famiglia.
Anche un debito di natura tributaria sorto per l’esercizio dell’attività imprenditoriale può ritenersi contratto per soddisfare tali finalità, fermo restando che essa non può dirsi esistente per il solo fatto che il debito derivi dall’attività professionale o d’impresa del coniuge.
Già da tempo la giurisprudenza di legittimità si è assestata sul principio di diritto secondo cui la nozione di debiti contratti nell’interesse della famiglia va intesa non in senso restrittivo, vale a dire con riferimento alla necessità di soddisfare lo stretto indispensabile per l’esistenza della famiglia.
Occorre ricomprendere in tali bisogni anche quelle esigenze volte al pieno mantenimento ed all’armonico sviluppo della famiglia, oppure al potenziamento della capacità lavorativa dei coniugi, rimanendo escluse eslcusivamente le esigenze voluttuarie o meramente speculative (cfr. Cass. Civ. del 30.5.2007 n. 12730, Cass. Civ. del 7.7.2009 n. 15862 e Cass. Civ. del 19.2.2013 n. 4011).
I Giudici prediligono, quindi, una nozione di bisogni della famiglia piuttosto ampia, per la quale si esclude che bisogni rilevanti siano soltanto quelli essenziali del nucleo familiare. Sono ricomprese anche le esigenze ritenute tali dai coniugi in ragione dell’indirizzo della vita familiare e del tenore scelto, in conseguenza delle relative possibilità economiche.