Un medico piemontese veniva condannato in primo grado per violenza sessuale poiché accusato di “toccare” giovani pazienti straniere.

Nell’agosto 2013 una paziente albanese, aveva sporto denuncia contro il ginecologo, poiché l’aveva toccata e le aveva posto domande sulle sue abitudini sessuali, nonché le aveva detto “mi dica quando raggiunge il piacere”.

Comportamento che veniva successivamente denunciato da altre pazienti dello stesso medico.

Stimolare sessualmente una paziente durante una visita ginecologica costituisce reato: la Cassazione ha ribaltato l’assoluzione in Appello.

Il medico che aveva visitato le donne presso Novara alla Clinica Sam Gaudenzio si era difeso sostenendo la necessità di verificare “la loro reazione al piacere” e di avere svolto il controllo nella modalità corretta.

La Cassazione ha ribadito che il medico deve chiedere il consenso ai pazienti ogni volta che debba compiere atti incidenti sulla sfera di autodeterminazione della libertà sessuale.

Il consenso per una manovra di stimolazione sessuale non può mai essere dato “per implicito” dal medico che deve visitare un paziente, neppure se le manovre di stimolazione siano clinicamente corrette.

La Suprema Corte ha accolto il ricorso del Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Torino, avverso il proscioglimento del dott. Gambaro in sede di appello “perché pur superando i limiti delle prestazioni richieste dai pazienti le manovre erano comunque clinicamente consentite”.

Ribadiscono dunque gli Ermellini con sentenza di maggio 2019 che per effettuare visite invasive “sempre è necessario il consenso esplicito ed informato”.