Dopo la nota pronuncia della Cassazione (21593 del 19 Settembre 2017) che ebbe ad occuparsi di un incidente avvenuto al di fuori del perimetro scolastico (innescando poi un acceso dibattito sul tema dell’accompagnamento a scuola dei minori), gli Ermellini devono affrontare il caso di un bimbo (di 4 anni) che, sceso dall’autobus e preso in custodia dalla di lui madre, viene investito dal predetto automezzo e muore.
Secondo la Suprema Corte (Sentenza 1106 del 18.01.2018) non vi sono dubbi sul fatto che l’unico responsabile dell’accaduto debba essere individuato nella persona del conducente dell’autobus.
Tenuto infatti conto dei precetti contenuti nel codice della strada non può che concludersi (a dire della Cassazione) come il dovere di qualsiasi conducente di mezzi adibiti al trasporto passeggeri sia quello di salvaguardare la incolumità dei passeggeri e pedoni non soltanto durante le fasi di marcia ma anche nel momento immediatamente successivo allo scarico dei primi.
Dunque, una volta condotto a destinazione il passeggero-scolaro, l’autista avrebbe dovuto adottare tutta una serie di precauzioni a tutela di quest’ultimo; ciò che non si è verificato nel caso di specie avendo il conducente “dato per scontato” che il bimbo si trovasse al sicuro in braccio alla madre.
Il principio di diritto sancito dalla Corte con la Sentenza in commento è quello secondo il quale “l’autista di uno scuolabus può riprendere la marcia (una volta scesi i passeggeri) solo quando questi si siano portati a debita distanza dal mezzo e non si trovino più in condizioni di interferenza con esso”