Il Tribunale di Roma con sentenza del 3 dicembre 2015 riferendosi ai principi elaborati dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea nella sentenza “google Spain”, ha riconosciuto il diritto all’oblio quale espressione del diritto alla privacy nelle vicende personali sul web non più di pubblico interesse.
La Corte di Giustizia dell’Unione Europea con decisione del 13 maggio 2015, C – 131/12, Google Spain SL, Google Inc. contro Agencia Espanola De Proteccion de datos, Mario Costeja Gonzales in tema di diritto all’oblio ha stabilito che è necessario verificare se l’interessato abbia diritto a che l’informazione riguardante la sua persona non venga più rimandata al suo nome da un elenco di risultati visibili al pubblico a seguito di una ricerca effettuata a partire dal suo nome.
Infatti, in linea di principio, vi deve essere una prevalenza dei diritti fondamentali riconosciuti dagli artt. 7 e 8 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea non soltanto sull’interesse economico del gestore del motore di ricerca, ma anche sull’interesse del pubblico ad accedere all’informazione sulla persona facendo una ricerca con il nome della persona. Anche se per particolari ragioni, ad esempio nel caso in cui la persona ricopra un ruolo particolare nella vita pubblica, l’ingerenza nei suoi diritti fondamentali, è giustificata dall’interesse maggiore del pubblico ad avere accesso all’informazione.
Anche nel caso trattato dal Tribunale di Roma, si è trattato di quale valenza abbia il tempo di esposizione delle informazioni raccolte dalla cronaca giudiziaria relative ad una persona avente un ruolo pubblico, senza che vi possa essere un’ingiustificata ingerenza nella sua vita personale e professionale.
La questione riguardava un avvocato il quale chiedeva a Google di “deindicizzare” 14 URL risultanti da una ricerca relativa al proprio nome in riferimento a vicende giudiziarie risalenti agli anni 2012/13 che lo vedeva implicato insieme a degli esponenti del clero e ad altri riconducibili alla banda della Magliana, in merito a presunte truffe e guadagni illeciti da loro realizzati.
L’avvocato lamentava che tali informazioni nel motore di ricerca facessero riferimento a una vecchia vicenda giudiziaria nella quale era rimasto coinvolto senza essere mai condannato e chiedeva la condanna di controparte al risarcimento danni per trattamento illegittimo dei suoi dati personali.
I resistenti eccepivano la nullità dell’atto introduttivo sollevando che quattro dei link contestati erano inattivi e l’inesistenza del diritto all’oblio del professionista in relazione alle notizie riportate.
Ha concluso il Tribunale che nel bilanciamento tra il diritto alla riservatezza e l’interesse pubblico a rinvenire sul web notizie relative a persone svolgenti ruoli pubblici, il diritto di informazione prevale su quello all’oblio: il diritto all’oblio non deve essere utilizzato per smacchiare il profilo pubblico di un soggetto che svolge ruoli di rilevanza pubblica.
E la rilevanza pubblica è attribuibile non solo ai politici, ma anche agli altri pubblici funzionari, agli uomini d’affari e ai soggetti iscritti in albi professionali. Non esiste infatti, solo il diritto dell’opinione pubblica di conoscere le vicende riguardo un professionista che ha un ruolo istituzionale, ma anche il dovere del professionista di essere trasparente nei confronti del pubblico.