Nelle azioni di responsabilità nei confronti degli organi di società di capitali, il regime di c.d. prorogatio previsto dall’art. 2385 cod. civ. per gli amministratori è applicabile anche ai sindaci, nel caso in cui non vi siano supplenti o quando i sindaci dimissionari siano superiori ai supplenti. Lo afferma la Cassazione, nella sentenza n. 29719 del 15 novembre 2019.
Il caso: La curatela del Fallimento di una Srl proponeva azione di responsabilità nei confronti degli amministratori e dei sindaci, per ottenere il risarcimento dei danni da questi causati alla società e ai creditori sociali.
Nella complessa vicenda processuale, la S.C. ha occasione di pronunciarsi sulla rilevanza della cessazione dei sindaci dalla carica nell’ambito di una azione di responsabilità e sull’eventuale applicabilità della prorogatio in caso di dimissioni.
Appare doveroso rilevare, come con riferimento alle società di capitali il nostro ordinamento non preveda una specifica norma che disciplini la decorrenza degli effetti delle dimissioni dei componenti dell’organo di controllo.
In assenza di apposita disciplina sul punto, si era dunque sviluppato un acceso dibattito, nell’ambito della giurisprudenza e in dottrina, in merito all’applicabilità in via analogica di tale norma nel caso in cui le dimissioni interessino un sindaco e non un amministratore.
La sentenza ricorda come per i sindaci siano previsti dei supplenti, proprio al fine di garantire una continuità dell’organo di controllo, esigenza del tutto analoga a quella salvaguardata dall’art. 2385 cod. civ. per l’organo amministrativo (“la rinuncia ha effetto immediato, se rimane in carica la maggioranza del consiglio di amministrazione, o, in caso contrario, dal momento in cui la maggioranza del consiglio si è ricostituita”); pertanto, la disciplina della proroga può essere applicata analogicamente al collegio sindacale, laddove il numero dei dimissionari superi quello dei supplenti (in questo senso, anche: Cass., n. 9416/2017).
Per altro verso, la S.C. evidenzia che le dimissioni presentate non esonerano il sindaco di società di capitali da responsabilità, in quanto non integrano un’adeguata vigilanza sull’operato altrui e sullo svolgimento dell’attività sociale; le dimissioni, anzi, possono diventare esemplari di una condotta colposa tenuta dal sindaco, rimasto inerte nel rilevare una situazione di reiterata illegalità (in questo senso, la recente Cass., n. 18770/2019).

Avv. Luca Gridelli