Uno dei vantaggi della vita del pendolare Londra/Milano è che le hostess della British Airways sanno immediatamente che giornali portare al fedele passeggero.
Lo stesso dicasi per le bevande. E qui i benefici inerenti del frequent flyer più o meno si fermano.
Leggere i giornali nostrani e vedere che “aria tira” nel Paese sospeso a 2000 metri di altitudine dà però un certo piacere; forse l’illusione di potersi veramente astrarre dalla realtà contingente limitarsi a guardarla e analizzare con quella tranquillità che solo l’alta quota riesce a garantire; la migliore distanza di sicurezza!
La seduzione dell’illusione, della sospensione del tempo, della realtà pressurizzata all’aroma espanso di caffè è forte e piacevole.
Mi chiedo se, ad altri livelli ed a ben altre quote, si ripeta lo stesso stato di “inebriamento monetario” all’interno degli istituti bancari europei, italiani soprattutto.
Mi viene in mente quello spot “analcolico” che recitava: “..fermate il mondo voglio scendere”.
Il “long term refinancing program” (LTRO) del nostro connazionale Draghi ha fatto ripartire il mondo o lo ha semplicemente anestetizzato per un triennio?
Il jet-lag informativo che separa la Madonnina dalla City si sta, noto, assottigliando. Sarà che il tema “scotta”.
Di Vico, sul Corriere della Sera di venerdì scorso (Il precipizio è ancora li), suonando l’allarme del credit crunch parte alla carica di Corrado Passera per sottolinearne le dichiarazioni ondivaghe a seconda del ruolo ricoperto.
Il “già” presidente di Intesa non vedeva nessun rischio di contrazione del credito; l’attuale responsabile dello Sviluppo Economico vede contrazione e recessione. La liquidità partita da Francoforte non arriva all’economia “reale” e si ferma “all’irrealtà bancaria”.
Di Vico coglie la contraddizione e propone la creazione dello spread della coerenza nazionale. Speriamo nessuno gli dia seguito.
Il Financial Times rileva, in perfetta sincronia con il Corriere, che a fronte di 260 miliardi al tasso agevolato BCE presi dalle banche italiane, Intesa in testa su tutte con 24 miliardi, il credito erogato nel Belpaese è diminuito di 40 miliardi nei primi due mesi del 2012. (Draghis’ cash tonic makes banks smile, P. Jennkins, FT, 1 marzo 2012).
In Italia i banchieri, all’unisono, partendo da Mussari fino a Cucchiani negano di stringere i cordoni della borsa, e di lucrare su un facile e sicuro carry trade tra denaro facile all’1% della BCE da un lato, e tassi del 4,5% o 5% garantito dai titoli del debito domestico, dall’altro.
Di Vico si interroga. Visco (La ripresa a partire dal 2013, Il sole 24 Ore, 1 Aprile 2012.. e siamo già sul volo di ritorno) elogia il collega e suo predecessore Draghi e “auspica” che quella liquidità possa dare un sostegno vero alla ripresa della domanda interna “reale”.
Sulla domanda interna si interrogano anche Fortis (Berlino, Keynes e l’austerità altrui, il Sole 24, 1 aprile 2012) e Amato (Crescita passare ai fatti, il Sole 24, 1 aprile 2012).
Il primo rileva come la vera forza motrice dell’espansione economica tedesca sia da trovarsi nella spesa pubblica, sostenuta da un yield del bund a volte al limite del negativo, magia del made in Germany! e non, a conti ben fatti, nella tanto decantata competitività industriale.
Amato mette in guardia dal vento gelido che potrebbe arrivare a soffiare sulla penisola italica a seguito di interventi, Merkeliani, che si rivelerebbero non solo economicamente oppressivi ma anche psicologicamente depressivi. Amato teme per la possibile perdita di “spirito” economico del Belpaese che rischia di rimanere incagliato tra lo spauracchio ellenico da un lato e la depressione indotta dalla cura tedesca dall’atro; insomma il dilemma di non essere “troppo” italiani correndo il rischio di diventare greci e nemmeno di esserlo “troppo poco” col rischio di diventare tedeschi..ma vivendo in Italia.
In questo precarissimo contesto psico-economico quale sarà il vero effetto dello psicofarmaco monetario di Draghi?
Trovare il giusto dosaggio farmacologico per garantire un perfetto equilibrio tra la speranza necessaria per far ripartire l’economia “reale” e la paura che serve da sprone alle banche per rivedere i loro modelli di business, ripulire i bilanci ed evitare di ritrovarsi nella stessa situazione, o peggio, anzi molto peggio tra tre anni, è sicuramente la prescrizione più difficile con la quale il “nostro” governatore centrale potesse essere confrontato. (European Finance: A leanign tower of perils, FT, Marzo 27, 2012)
Altrettando difficile è evitare che quel meccanismo circolare per il quale le banche centrali comprano a rotta di collo il debito pubblico dei propri paesi, contribuendo cosi a diminuire il costo del finanziamento sovrano, divenga un circolo vizioso e “viziato” da un debito sovrano che di “sovrano” non ha nulla.
Le banche domestiche, che si sono caricate di titoli di debito nazionale sostenendone, alle varie aste, la domanda per il 95%, con ruolo pressoché inesistente degli operatori internazionali, dovrebbero, infatti, mettere in bilancio nuove e pesanti “riserve” a fronte di un deprezzamento dei titoli di debito pubblico (e del conseguente aumento dei loro rendimenti). Siamo di fronte a quello che in poker si chiama “All in” (G. Secker, senior strategist Morgan Stanley)
Delle banche deboli sono state incoraggiate a comprare titoli di debito pubblico ancora più deboli al momento del loro massimo costo (e conversamente con lo yield più basso).
E come legare due persone che stanno per annegare e sperare che, ben stretti insieme possano, in qualche modo, per miracolo, stare a galla. (G. Mangus, senior advisor UBS).
Il nepotismo compiacente stato-banca dove nessuno vuole fare gli sforzi ed i sacrifici fino a quando non si muove prima l’altro, la dipendenza del sistema bancario europeo dalle cure farmacologiche di Francoforte, la mancanza di uno sprone sufficientemente pressante per il cambiamento del business model bancario europeo, combinato con una vera e propria mutazione antropologica nell’attitudine al rischio da parte degli istituti di credito, (J. Plender, Beware sovereign stress if ECB backdoor bet backfires), uno scenario politico tutt’altro che coeso, e, se possibile, reso ancora più critico dalle incombenti elezioni francesi, (già battezzate dell’Economist come le più “frivole” della storia occidentale!) e la circostanza, poco menzionata, che tutto quel credito, per quanto agevolato, verrà a scadere nello stesso giorno per tutti i debitori, lasciano ampio spazi per dibattere sulla vera natura dell’LTRO.
Oppiaceo politico-monetario che sposta il momento della resa dei conti o utile leva finanziaria per permettere alle banche di ripulire i loro bilanci, dare fiducia al sistema e far dormire sonni tranquilli ad Amato ed a tutti noi?
..cortesemente può alzare lo schienale, chiuder il tavolino e allacciare la cintura, stiamo atterrando… .