Le sezioni unite della Cassazione ,con la sentenza n. 26635/09, segnano una svolta importante in materia di “certezza tributaria” riferibile alla attività degli agenti di commercio, e non solo.

Viene infatti radicalmente rivisto il valore ed il ruolo degli studi di settori che vengono “ridotti” a mero indicatore statistico atto ad esplicitare, ai fini del recupero del presunto maggior gettito, il ruolo di presunzione semplice.

L’accertamento eventualmente inoltrato dall’Agenzia delle Entrate non potrà più dunque trovare la sua base di appoggio legale nella “normalità” statistica espressa dagli studi di settore.

Il contribuente resterebbe pertanto libero di affrontare, su un piano di parità, le pretese dell’Agenzia motivando e circostanziando le ragioni dello scostamento.

Rimane da vedere, sotto il profilo pratico, quale sia il prezzo delle libertà da “non adeguamento”.

Il duplice scenario del cosiddetto concordato tributario (accertamento con adesione) o del contenzioso, mai prevedibile nei suoi esiti finali, mantiene,tuttavia, un rapporto tra contribuente ed amministrazione ancora non completamente e sostanzialmente livellato sebbene (su questo non vi è dubbio) la decisione delle Sezioni Unite sopra citata segni il passo verso una effettiva parità dei rapporti che, come sempre, deve passare attraverso una indispensabile conquista della “parità” legale (tra le parti in gioco).

Confidiamo e speriamo dunque che le Sezioni Unite possano segnare l’incipit di un processo che porti ad un effettivo rapporto “at arms length”, ovvero di sostanziale ed effettiva parità tra contribuente ed Amministrazione. Un rapporto ove le scelte del primo, tra adeguarsi o resistere, non siano motivo solo, come spesso capita, della mera valutazione economica tra due danni ;uno attuale rappresentato dall’adeguamento indipendentemente dal ricorrere dei presupposti di una effettiva maggiore capacità contributiva e uno potenziale rappresentato dal contenzioso tributario con i suoi costi, incertezze e durata eccessiva: tutti fattori che mal si conciliano con le esigenze di programmazione della vita economica dell’impresa che, soprattutto oggi, è confrontata con budget di spesa che non ammettono alcun margine di errore.

Ad ogni modo l’inversione di rotta a 360 gradi della Cassazione lascia ben sperare per un avvenire segnato da un rapporto di sostanziale equità tra contribuente ed Amministrazione.