La Cassazione Penale sez. V, 33986/24 si è pronunciata sul reato di stalking, stabilendo che anche la pubblicazione di soli due post su Facebook può costituire un comportamento illecito se questi risultano molesti e facilmente riconducibili alla vittima.

La suddetta sentenza riguarda un caso in cui l’imputato veniva condannato per il reato di cui all’art. 612 bis cp dopo aver pubblicato due post sul proprio profilo Facebook che erano chiaramente indirizzati alla vittima.

La Corte ha confermato che tali comportamenti, anche se limitati a sole due pubblicazioni, possono integrare il reato di atti persecutori.

Il principio di diritto espresso dalla Corte sottolinea che l’effetto di generare uno stato di ansia nella vittima, che è un elemento costitutivo del reato di stalking, può essere raggiunto anche con un numero ridotto di atti, se questi atti sono mirati e sufficientemente molesti.

Dunque non è necessario un numero elevato di atti per configurare il reato, ma che anche una limitata quantità di azioni, se caratterizzate da una chiara intenzionalità di infastidire e provocare ansia alla vittima, possono essere sufficienti.

La sentenza chiarisce che anche comportamenti che possono sembrare irrilevanti , come la pubblicazione di pochi post molesti, possono configurare un reato grave come lo stalking se hanno un impatto significativo sulla vita sociale e relazionale della vittima.