La Suprema Corte di Cassazione sez. Penale I, del 16 settembre 2015 n. 37606 ha sancito la sussistenza del dolo eventuale di omicidio in un’ipotesi di sinistro mortale.

Il caso da cui si è giunti alla suddetta sentenza è quello di un uomo che alla guida di un’autovettura, poiché in stato di ebbrezza non si fermava ad un posto di blocco e conseguentemente veniva inseguito dagli Agenti di Polizia. Durante l’inseguimento il conducente travolgeva un pedone provocandone la morte.

Sia in primo che secondo grado in capo all’uomo era stato riconosciuto l’omicidio doloso sorretto da dolo eventuale, invece che da colpa cosciente come sostenuto dal suo difensore.

Come da consolidata giurisprudenza (Cass. sez. pen. I, 30694/11) sussisterebbe omicidio sorretto da dolo diretto ed alternativo invece che il reato di lesioni personali quando l’agente vuole come scelta equipollente, la morte o il grave ferimento della vittima. Sarebbe dunque configurabile l’omicidio doloso con dolo diretto ed alternativo, se il tipo di arma usata, la parte del corpo dell’offeso raggiunta dall’arma e la profondità della ferita facciano ritenere che in capo al soggetto agente vi sia l’animus necandi.

Il dolo eventuale si configura quando l’agente, pur rappresentandosi l’eventualità di poter realizzare un evento più grave, non avrebbe agito diversamente anche se di esso avesse avuto la certezza e dell’evento non voluto ha comunque accettato il rischio che si verificasse (Cass. pen. Sez. Un., 26 novembre 2009 n. 12433).

Dunque, ad avviso della Suprema Corte, la condotta dell’imputato nel caso suddetto, non poteva che rientrare nel dolo eventuale, infatti era stata completamente difforme da quella imposta dalle regole del codice della strada: egli marciava in centro abitato con velocità di molto superiore a quella consentita ed inoltre in seguito al sinistro riprendeva la fuga non preoccupandosi minimamente del ferito.

Infatti, la differenza tra il dolo eventuale e la colpa cosciente è il diverso atteggiamento psicologico dell’agente che, nel primo caso, come nel caso di specie,accetta il rischio che si realizzi un evento diverso non voluto direttamente, mentre nel secondo, nonostante la stessa prospettazione, l’agente respinge il richio, confidando nella propria capacità di controllare l’azione.