Sulla chat delle mamme veniva pubblicato l’invito rivolto ad una di esse a portare via velocemente suo figlio dalla festa poiché sgradito.

La madre del bambino reagiva scrivendo su Facebook offese nei confronti dell’organizzatrice della festa.
La vicenda culminava con sentenza di condanna della Corte d’appello per diffamazione nei confronti della donna, che veniva confermata in Cassazione, la quale riconosceva l’attenuante della particolare tenuità del fatto.

L’imputata aveva giustificato la sua spropositata reazione con il panico provocato dalla lettura della chat, poiché non veniva spiegata la ragione dell’urgenza di andare a riprendere il bambino alla festa.

Per la Cassazione il reato sussiste: la frase pubblicata su Facebook dalla donna è diffamante infatti l’organizzatrice veniva non solo definita insensibile ed indelicata ma anche accusata di chiedere scorrettamente soldi per banchetti ed alcool.

La condotta della vittima non è stata ritenuta dai giudici ingiusta “non potendo ritenersi tale l’eventuale richiesta di contenimento dell’estrema vivacità del figlio dell’imputata, suo ospite, né la richiesta di portarlo via dalla festa che si teneva in casa dell’offesa, né risultava provato che lei lo avesse offeso in qualche maniera.