Con una sentenza la Corte di appello di Firenze confermava la colpevolezza dell’imputato per il reato di guida in stato di ebrezza con tasso alcolemico oltre 1,5 g/l e che aveva altresì provocato un incidente stradale, benché lo stesso, tramite la sua difesa, avesse sostenuto la mancanza nel giudizio di prime cure di un’assunzione di prova decisiva poichè egli aveva fatto richiesta (non accolta), di una perizia al fine di accertare l’idoneità dei farmaci da lui assunti ad alterare i valori del tasso alcolemico in misura superiore a 0,5 g/l.

Riguardo a ciò la Suprema Corte di Cassazione con sentenza del 3 aprile del 2013, n. 15562 decretava come l’espletamento di una perizia diretta ad accertare l’idoneità dei farmaci assunti da un conducente ad alterare i valori del tasso alcolemico non è indispensabile ai fini del decidere, poichè l’imputato, che doveva essere a conoscenza degli effetti dei farmaci che assumeva, non avrebbe dovuto porsi alla guida di un’autovettura.

Una sentenza che si rifà ai principi di quella del 29 settembre 2011, n. 38793, ove la Corte sosteneva che ai fini della sussistenza della contravvenzione di cui all’articolo 186 del codice della strada, non può escludere il reato la circostanza che l’assunzione di determinati farmaci possa avere aumentato i dati di concentrazione dell’alcool nel sangue.

Infatti, in tali casi, chi sa di assumere farmaci di tal genere deve astenersi dall’ingestione di alcool e specialmente deve evitare di mettersi alla guida.