E’ arrivata con una sentenza la conferma della condanna per il reato collegato alla legge Mancino per un giovane tifoso che mentre assisteva a un evento sportivo indossava una maglia inneggiante il fascismo. La decisione in questione viene dalla prima sezione penale della Cassazione che con la sentenza 39860/13 ha confermato quanto asserito dalla Corte d’Appello.

Nello specifico, il ragazzo veniva condannato in primo grado a due mesi di arresto, commutati in Appello, ad una pena pecuniaria di 2.280 euro di ammenda, per aver partecipato ad un incontro di hokey indossando una maglietta nella quale compariva l’immagine di Benito Mussolini, accompagnata da frasi tipicamente riconducibili all’ideologia fascista.

A nulla è valso il ricorso della difesa secondo cui “indossare una maglietta o altro capo di abbigliamento richiamante motti, scritte o simbologia del partito fascista non può in sé integrare le fattispecie di reato previste dalla legge”. Né è rilevante l’assunto per il quale il giovane sosteneva che “non aveva alcuna intenzione di discriminare e offendere l’altrui dignità”.

Infatti, come specificato dagli ermellini, il reato di cui all’art. 2, comma secondo, d.l. 26 aprile 1993, n. 122, convertito con modificazioni in legge 25 giugno 1993, n. 205, sussiste per il solo fatto che taluno acceda ai luoghi di svolgimento di manifestazioni agonistiche recando con sé emblemi o simboli di associazioni o gruppi razzisti e simili, nulla rilevando che a tali gruppi o associazioni egli non sia iscritto (Cass. pen., Sez. III, n. 9793 del 29 novembre 2006 ).

L’essersi presentato esibendo la maglietta con le scritte e i simboli inneggianti al regime fascista e ai valori dell’ideologia fascista nel contesto dello specifico incontro sportivo di hockey svoltosi in Alto Adige – aggiunge la Cassazione – notoriamente caratterizzato da contrasti delle opposte tifoserie, integra la condotta di uso di simboli propri delle organizzazioni nazionaliste e i comportamenti vietati e sanzionati dalla legge n. 205 del 1993 che richiama l’art. 3 della legge n. 654 del 1975.