In relazione ai fatti illeciti commessi dai figli minori, la Corte di Cassazione, secondo l’orientamento prevalente e più recente, ritiene che debba farsi riferimento non più alla “culpa in vigilando” ma a quella in “educando”.
Tutto ciò deriva dalla nuova interpretazione data alla prova liberatoria dettata dall’art. 2048 cod. civ., individuata nel “. . non aver potuto impedire il fatto ”.
La Corte di Cassazione, infatti, soffermandosi sulla predetta prova liberatoria considera che l’ampio contenuto della stessa, formulata in termini negativi, debba al contrario essere elaborata con indicazioni positive, quali ad esempio, nell’aver adeguatamente vigilato e adeguatamente educato.
Con la sentenza n. 9556/2009, la Corte di Cassazione ha stabilito che solo la dimostrazione di aver bene vigilato sul minore e di avergli impartito un’educazione normalmente sufficiente ad impostare una corretta vita di relazione, alle sue abitudini, alla sua personalità, a correggere, permette al genitore di andare esente da responsabilità per i danni cagionati dai fatti illeciti dei figli minori.
Questo, ovviamente, comporta a carico dei genitori un onere particolarmente gravoso.
D’altro canto, i genitori, proprio in virtù del ruolo che rivestono, sono gli unici soggetti in grado di prevenire gli illeciti dei figli.
In tal modo, viene garantita una maggiore tutela alle vittime incolpevoli anche dal punto di vista civilistico, individuando i soggetti tenuti al risarcimento sulla base dei doveri legali di garanzia.
Ai fini di una precisa configurazione della responsabilità in capo ai genitori, occorrerà tenere conto anche dell’età dei minori e della natura degli illeciti posti in essere da questi ultimi.
Pertanto, trovandosi di fronte a soggetti di età adolescenziale quasi prossima al compimento della maggiore età, la responsabilità dei genitori non potrà più essere qualificata quale “culpa in vigilando” bensì quale “culpa in educando”. Concetto quest’ultimo che dovrà essere riempito di principi che certamente variano nel tempo.
Inoltre, il concetto di “educazione” non potrà fare unicamente riferimento alla formulazione di regole e/o a modelli di comportamento, ma anche alla attività di genitore diretta a favorire la migliore estrinsecazione della personalità dei loro figli, fornendo loro anche gli strumenti indispensabili da utilizzare nelle relazioni anche di sentimento e di sesso, con l’altra o con l’altro.
Quanto alla relativa problematica circa la responsabilità dei genitori non coabitanti con i figli per effetto di intervenuta separazione coniugale, la Corte di Cassazione ritiene doversi decidere tenendo conto non solo dell’età dei figli e della natura dell’illecito, ma anche del rapporto intrattenuto tra il figlio minorenne e il genitore non coabitante, ritenendo quest’ultimo non esente da responsabilità qualora permanga dopo la separazione dei coniugi uno stretto legame fra genitore e figlio.