In materia di riconoscimento di assegno di mantenimento ai figli maggiorenni e di assegnazione della casa in relazione alla stabile convivenza con i figli minorenni o maggiorenni non economicamente autosufficienti, la Corte di Cassazione ha ribadito i principi ormai consolidati, secondo i quali i genitori devono, certamente, contribuire al mantenimento dei figli, finché questi non raggiungano l’autosufficienza, ma è necessario valutare se il ritardo nel conseguimento di un titolo di studio o lo svolgimento di una attività economica dipenda da un atteggiamento d’inerzia o di rifiuto ingiustificato di avvalersi di opportunità lavorative.

Questo, infatti, è il caso in cui il Tribunale di Foggia, in via provvisoria ed urgente aveva disposto l’assegno di mantenimento in favore della moglie e dei due figli maggiorenni, addebitando la separazione al marito.

Successivamente, con la sentenza definitiva, il medesimo Tribunale aveva revocato l’assegno di mantenimento per i figli, poiché la figlia, maggiore di oltre trenta anni di età, era ancora iscritta all’università e viveva fuori dalla residenza familiare.

Impugnata la detta sentenza, la Corte di Appello ha confermato l’assegno di mantenimento in favore della moglie negando, tuttavia, a quest’ultima il diritto all’assegnazione della casa familiare, sul presupposto che i figli, divenuti maggiorenni, non vivevano più stabilmente presso la residenza della madre.

La Corte di Cassazione, chiamata decidere sul riconoscimento o meno dell’assegno di mantenimento anche in favore dei figli e sul diritto di abitare la casa familiare da parte della ricorrente, ha confermato la cessazione dell’obbligo paterno di mantenimento nei confronti dei figli ed, in particolare, in ragione del fatto che la figlia trentenne non abbia ancora conseguito alcun titolo di studio o lo svolgimento di un’attività economica dipenda da un atteggiamento d’inerzia o di rifiuto ingiustificato di avvalersi. (Cass. Civ. Sez. I sentenza 6/12/2013, n. 27377).