Era il 23 Luglio 2010; all’Arena di Verona era già andato in scena il primo atto della Carmen di Bizet quando un improvviso temporale costrinse gli spettatori alla fuga e gli organizzatori alla definitiva interruzione dello spettacolo.

Un gruppo di appassionati di lirica partiti dalla Puglia si rivolge (con esito favorevole) al Giudice di Pace al fine di vedersi rimborsato il costo del biglietto; la Fondazione Arena di Verona non ci sta e porta la vertenza sino alla Cassazione.

Quest’ultima (con la Sentenza 8766 del 29.03.2019) da ragione agli spettatori: codice civile alla mano, se la prestazione (in questo caso l’opera lirica) è divenuta impossibile, la parte non può chiedere (o deve restituire) la controprestazione (costo del biglietto).

A nulla è poi valso il tentativo della Fondazione di ridurre i danni affermando che, comunque una parte dell’Opera (il Primo atto) era andata regolarmente in scena: la Suprema Corte (come peraltro rilevato anche dal Giudice d’Appello) afferma come lo spettacolo lirico in questione debba considerarsi come “un unicum di portata artistica…non scindibile”).

Pertanto non essendo stato eseguito nella sua totalità ha concluso (a mente dell’art. 1256 c.c.) per la estinzione della obbligazione e la liberazione del debitore incolpevole (la Fondazione) che, tuttavia, non può (ex. art. 1463 c.c) pretendere o trattenere la controprestazione dell’altra parte essendo venuto a mancare (per circostanze oggettive) il rapporto sinallagmatico. Ne deriva che la Fondazione è stata condannata alla restituzione integrale del biglietto.